Mentre già tiravano venti di guerra fuori dalla finestra, scrivevo alla mia ormai fedelissima lucky_souvlaki (il nome più geniale dell’Instagram) che non potevamo lasciarvi affrontare la quarantena senza una rassegna onesta delle serie sulla Russia disponibili su Netflix (e sul resto del web).
Chernobyl forse ormai l’avete vista tutti, ma c’è qualche altra bella perla anche di produzione russa che è passata decisamente inosservata e che merita di essere recuperata. Ci siamo cavate gli occhi col binge-watching ma finalmente possiamo consigliarvi quali tra queste serie sulla Russia meritano il vostro tempo – e quali no. Con la solita cattiveria che ci contraddistingue, ecco la lista e buona lettura!
A cura di lucky_souvlaki: Trotsky, Guerra e Pace, Caterina la grande, Gli ultimi zar
A cura di Eleonora: La via dei tormenti, Il Maestro e Margherita, Chernobyl
*I russisti non ce ne vogliano, ma per ovvi motivi la traslitterazione dal russo è oscillante e segue gli usi più comuni in italiano (es. Tolstoj) o la migliore reperibilità (es. Trotsky) dei singoli nomi.
Serie sulla Russia su Netflix
Trotsky (Netflix)
Nei libri di storia delle scuole medie e superiori, gli anni tra la Rivoluzione d’Ottobre e l’ascesa di Stalin vengono sempre trattati in maniera pressoché sbrigativa. Troppo impegnati forse a concentrarci sugli esiti del primo conflitto mondiale per le altre potenze europee a cui siamo stati più direttamente legati, ce la siamo imparata un po’ così: prima c’era Lenin, che avrebbe voluto come suo successore Trotsky, però Stalin si oppone, lo fa fuori e prende il potere. È vero, le grandi linee sono nella maggior parte dei casi corrette. Quello che raramente si approfondisce è il fortissimo conflitto ideologico tra le diverse posizioni all’interno del partito comunista sovietico degli inizi, cosa che invece viene affrontata qui in maniera molto dettagliata, mostrando anche i risvolti spesso crudeli delle decisioni politiche di quegli anni.
Tra le serie tv russe su Netflix, Trotsky è costruita tramite continui flashback, uno diverso ogni episodio, ciascuno collegato alle varie tappe che hanno formato la personalità di un leader forse dimenticato, sicuramente spesso trascurato. Non mi sento di definirla realistica in tutto e per tutto*, ma gli espedienti narrativi utilizzati sono interessanti e piacevoli, così come la chiusura musicale di ogni episodio che contribuisce a completare il carattere sempre (fin troppo?) ottimista del protagonista.
Esercizio di ripasso di lingua russa per alcuni, possibile sforzo per altri, sconsiglierei comunque il binge watching vista la quantità di contenuto e di riflessioni che ogni puntata porta con sé.
Disponibile su Netflix, russo o spagnolo con sottotitoli in varie lingue.
Consigliata? Sì
*Moltissimi nel mondo e lo stesso nipote di Trotsky, che oggi vive in Messico, hanno disconosciuto l’attendibilità storica della serie, dichiarandola falsata e non veritiera nel ritratto del personaggio. Alcuni l’hanno definita “putiniana” (anche perché è andata in onda sul primo canale della televisione russa), altri “staliniana”. A queste critiche aggiungiamo un aneddoto che forse non tutti sanno: l’assassino di Trotsky, il cui vero nome era Ramon Mercader, era il fratello della madre di Christian De Sica, quindi suo zio. Lo zio del re del cinepanettone italiano è stato l’assassino di Trotsky.
La via dei tormenti (Netflix)
Nonostante il titolo poco incoraggiante, serie davvero notevole e soprattutto interamente russa (cosa rara!), basata sulla trilogia di romanzi di Aleksej Tolstoj, pronipote del più famoso Lev. Ambientata a San Pietroburgo tra il 1914 e il 1919, racconta come cambia la vita di due sorelle aristocratiche con lo scoppio della Rivoluzione. Anche se incentrata sulla vicenda personale di Dasha e Katya e dei loro turbolentissimi e russissimi amori, la serie tocca alcuni momenti storici chiave della Pietrogrado di quegli anni. La loro grande ed elegante casa viene requisita per essere convertita in una kommunalka, la loro vita di agi, salotti letterari e svaghi subisce una brusca interruzione. Katya e Dasha diventeranno infermiere e affronteranno a cuore aperto gli orrori della prima guerra mondiale così come si adatteranno agli sconvolgimenti radicali della Rivoluzione, finché la guerra civile non le separerà per molti mesi, i rispettivi partner arruolati uno nei bianchi e uno nei rossi e dispersi nelle campagne russe. Storia molto coinvolgente, che guadagnò a Tolstoj il Premio Stalin nel 1943.
Molto accurata a livello di ambientazione, splendido setting a San Pietroburgo quasi sempre d’inverno, buona recitazione (eccetto per il personaggio di Bessonov, che è da schiaffi e interpretato in maniera abominevole) e buon ritmo, ma soprattutto russa dall’inizio alla fine: un’occasione non solo di vederla in lingua originale, ma anche di vedere come i russi raccontano (nel bene e nel male) uno dei periodi più delicati e travagliati della loro storia al grande pubblico, attraverso una serie andata in onda sulla televisione russa nel 2017. Il mio consiglio migliore per chi vuole vedere una serie in lingua russa su Netflix.
Disponibile su Netflix, russo con sottotitoli in varie lingue
Consigliata? Sì
Il maestro e margherita (YouTube)
Se c’è una persona che devo ringraziare da tanti anni ma che rimane tutt’ora anonima, è quell’anima pia che ha sottotitolato in italiano la bellissima serie russa “Il maestro e margherita” pubblicata interamente su YouTube in episodi da 10 minuti (belli i tempi in cui c’era il limite di 10 minuti!).
Non è una serie tratta dal capolavoro di Bulgakov, quanto piuttosto una vera e propria trasposizione quasi integrale (anche se ci sono alcune discrepanze), nel complesso fedele nei dialoghi, nelle ambientazioni, nella descrizione delle scene. Trasmessa su Rossiya Telekanal per la prima volta nel 2005, la troverete online in rete sotto il nome del regista, Vladimir Bortko.
Girata in un bianco e nero seppiato che oggi forse fa un po’ sorridere, è davvero una bella serie che già ai tempi mi aveva arricchito e che oggi mi commuove in certe scene (soprattutto quelle della vicenda del Maestro e di Margherita, le ultime di Ivan Bezdomnyi e quelle tra Pilato e Yeshua Ha-Nozri) ambientate a Mosca, soprattutto negli eterni Stagni del Patriarca. Se non volete leggere l’eterno libro di Bulgakov, che è un capolavoro metaforico, allegorico e di satira politica, questa serie è un’ottimo modo per riempire la vostra quarantena.
Disponibile su YouTube ormai pubblicata da tanti canali diversi, in russo con sottotitoli in varie lingue. Ottima idea per immergersi in una serie tv in russo in streaming.
Consigliata? Sì
Guerra e Pace (BBC)
Se “Guerra e pace” di Tolstoj (questa volta quello più famoso, Lev) è un capolavoro di romanzo, questa per me è un capolavoro di serie. Guardata per caso qualche anno fa partendo con le classiche aspettative basse da “come fai a tramutare un romanzo così pieno di particolari in una serie a puntate”, mi sono dovuta assolutamente ricredere. Prima di tutto perché i romanzi russi che riteniamo dei “classici” erano praticamente le serie tv dell’epoca, pubblicati a puntate su riviste letterarie nel corso di anni e io mi voglio solo immaginare l’hype delle discussioni ai ricevimenti da ballo sul cliff hanger con cui si concludeva il capitolo appena pubblicato (sì, sono fermamente convinta che queste scene avvenissero, non risvegliatemi da questa fantasia). E in secondo luogo perché un casting meraviglioso rispetta perfettamente per una rara volta nella storia dei miei gusti difficili le mie aspettative: se Lily James è sempre più perfetta, e James Norton è in definitiva l’uomo dei sogni, è con Paul Dano nel ruolo di Pierre Bezukhov che apprezziamo veramente lo spessore di un personaggio letterario non facile da rendere sullo schermo.
Per ovvie ragioni di tempo, alcuni aspetti del libro sono stati tagliati, ma la fedeltà alla storia è rimasta pressoché intatta (la discrepanza più evidente è la relazione incestuosa tra i fratelli Kuragin, da Tolstoj solo accennata, e che invece la produzione della serie decide di ritrarre in maniera palese – ma dopo anni di Lannister, chi siamo noi per scandalizzarci?).
In Italia la serie è stata distribuita in otto puntate (l’originale inglese ne ha solo sei) sul canale tv LAEFFE di Feltrinelli. Possibilità di reperirla online: molto alte.
Consigliata? Sì
Gli ultimi zar (Netflix)
Facciamo tutti insieme un respiro profondo. Fatto? Facciamone un altro, che ne avremo bisogno. Questa produzione Netflix si posiziona a metà tra il comico e il trash più totale, e la cosa è stata dimostrata ampiamente da più fonti. Apprezzata sinceramente forse solo da due influencer sulla faccia della Terra (che ovviamente ho smesso di seguire dopo questa ammissione di colpevolezza), si tratta di una serie-documentario che ha quindi anche delle pretese di tipo storico. Ovviamente, nella migliore delle tradizioni, la cosa non ci viene resa chiara fin da subito: nelle scene iniziali, però, abbiamo già modo di imbatterci nel classico dei classici, ovvero la presunta principessa Anastasija reduce in piena amnesia dalla strage della famiglia Romanov. Che a sto punto se davvero dobbiamo andare avanti così, mi metto su la videocassetta di “Anastasia”, canto, mi commuovo e “dasvidania Rasputin” come abbiamo imparato a dire tutti quanti da piccoli. Questo iniziale filone narrativo viene poi sostanzialmente abbandonato e ripreso qua e là nel corso degli episodi successivi, ma senza determinare una vera e propria struttura per la vicenda. Anche perché, chiaramente, “Gli ultimi zar” non ha un vero e proprio sviluppo narrativo. Ce ne accorgiamo presto quando viene introdotta prima con una sospetta voce narrante fuori campo, e poi circa al minuto 6 dall’inizio, si interrompe la scena del funerale di Alessandro III per fare un excursus sul figlio, a quel punto divenuto zar, Nicola II, il tutto guidati dai commenti del primo di una lunga sfilza di “esperti” che si susseguiranno per tutta la durata della serie. Il risultato presenta talmente tante inesattezze storiche che dopo un po’ si perde il filo (c’è chi è riuscito a individuarne più di una quarantina, un risultato notevole). Il quadro che ne esce è di un lavoro con delle intenzioni forse anche buone, ma dei risultati pessimi. A questo si aggiunge la snervante interpretazione dei due attori principali, lo zar Nicola II e sua moglie, la zarina Aleksandra (sicuramente ha contribuito anche il mio fastidio personale nei confronti della sua figura storica). Su tutti ho invece apprezzato l’interpretazione di Rasputin, una figura intorno alla quale finalmente ci sarebbe stata ampia possibilità di speculazione sessuale, ma che poi nel complesso della trama non viene sfruttata abbastanza.
Insomma, questa serie è un vero bagno di sangue.
Cosa salvare dunque degli Ultimi zar? Io vi propongo di guardarlo senza leggere prima i vari articoli di debunking presenti sul webbe, e di sfidarvi a “trova l’errore”. In questo periodo, perché no, potrebbe essere anche una sfida da lanciare ai vostri sicuramente numerosi amici appassionati di zarismo che non staranno sicuramente aspettando altro!
Disponibile su Netflix in una miriade di lingue – tranne il russo ovviamente!
Consigliata? No
Caterina la Grande (HBO/Sky)
Da quando ho scoperto che Helen Mirren è russa da parte di padre, non mi do pace. Già, mi chiedo, come è possibile che pur avendo tutte le carte in regola per il classico successo di pubblico, si sia riusciti a tirare fuori un risultato così insipido?
Ma facciamo qualche passo indietro: la miniserie di quattro episodi è prodotta da Sky e HBO, sì, proprio loro, gli stessi di “Chernobyl”, di cui parliamo tra poco. Le aspettative erano altissime, e ho cercato di mantenerle alte anche quando durante la sigla in cui compare a grandi lettere il titolo “CATHERINE THE GREAT” la N in Catherine e la R in Great ruotano su sé stesse per formare una И e una Я. Roba che forse, e dico forse, hanno smesso pure su Tumblr di fare queste cose. Ma va bene, lasciamo correre questo piccolo iniziale incidente di percorso. La serie ripercorre gli anni di dominio di Caterina II di Russia, prendendo avvio subito dopo la sua incoronazione nel 1762 e terminando con la sua morte nel 1796. Quello che emerge dalla caratterizzazione che Mirren fa della zarina illuminata è una versione fin troppo progressista: nel discorso iniziale seguito all’incoronazione propone l’abolizione della servitù della gleba, cosa che, pur trattandosi di un problema già in fase di discussione, in Russia avverrà solo un secolo dopo, nel 1861; gli scambi di battute con le figure chiave dell’esercito e i dignitari di corte sono costellati di un linguaggio fin troppo familiare che in più punti vi fa dubitare di stare guardando una serie ambientata a fine Settecento; le svariate relazioni amorose nel corso della vita dell’imperatrice vengono dipinte in maniera a tratti grottesca, quasi che non si possa parlare di sesso senza doverci per forza costruire intorno un apposito discorso.
Da apprezzare invece la caratterizzazione del figlio di Caterina, Paolo, che diventerà zar alla sua morte (e non senza parecchia soddisfazione, sia nella realtà storica che nella finzione della serie), così come i costumi e l’ambientazione, per lo più girata in Lituania e Lettonia ma con qualche scena proprio nelle storiche residenze di San Pietroburgo e dintorni.
In Italia distribuita da Sky Atlantic. Attenzione: il doppiaggio in italiano per quanto riguarda i nomi russi fa accapponare la pelle. Non sono certa di quello inglese, ma in ogni caso vi direi di dubitare sempre.
Consigliata? Nì, perlomeno non in italiano
Chernobyl (HBO/Sky)
In molti hanno gridato al capolavoro e, mentre me la guardavo dalla mia cuccetta plackartnyi superiore della Transiberiana, faceva veramente venire i brividi per quanto sembra dannatamente reale. Nonostante fossi partita con mille pregiudizi (è pur sempre una produzione HBO su un tema che tocca il mondo postsovietico da vicinissimo), la serie è precisa e quasi priva di cliché (ok, qualcuno c’è, ma sono in secondo piano: tipo la scena di Legasov al bar mentre tutti bevono vodka liscia, oppure che tutto sia sempre e solo grigio/desaturato dall’inizio alla fine) e ricostruisce gli eventi in maniera molto accurata e puntuale, salvo qualche licenza importante che però è di solito segnalata (una su tutte: la figura, bellissima, della fisica bielorussa Ulana Khomyuk, tra i migliori personaggi della serie).
Binge-watching assicurato, ma preparatevi a dormire sonni inquieti per qualche giorno. Si sta col fiato sospeso dall’inizio alla fine ed è una serie che va vista per capire alcuni meccanismi attivi nell’Unione Sovietica degli anni ’80 e poi dell’era Gorbaciov. Tra le rappresentazioni che più mi hanno colpito c’è lo scaricabarile interminabile delle scene iniziali, dove obbedire all’ordine di un superiore era più importante del seguire il proprio buon senso per una questione di sollevamento di responsabilità. Per tutti i personaggi coinvolti durante l’esplosione del reattore, solo il pensiero di essere accusati di inadempienza al dovere, di aver commesso qualche errore o, peggio, di aver disubbidito a un capo paralizzava dalla paura. Il famoso GULAG Perm-39 sarebbe stato smantellato un anno più tardi ma l’atmosfera di terrore di fronte al danno, i tentativi di sminuirlo ad ogni costo per salvarsi la pelle e lo scarico delle colpe sugli altri fanno parte di un circolo vizioso che ha gettato le basi per l’allargamento a macchia d’olio della catastrofe. Allo stesso modo, splendidi i conflitti interiori degli scienziati coinvolti: salvare il proprio paese di fronte al resto del mondo, o salvare l’umanità rimanendo coerente con i principi della scienza?
Azzeccata l’apertura what is the cost of lies, che fa subito capire dove si andrà a parare.
In Italia distribuita da Sky. Ma un uccellino mi ha detto che è reperibilissima dovunque nel webbe.
Guardatela e poi ascoltate la nostra puntata #01.03 di Cemento, dedicata al dark tourism che ha invaso Chernobyl come conseguenza del successo della serie.
Consigliata? Sì
Per oggi vi saluto e vi rimando alla categoria Est Europa e Russia per qualche altra sana tonnellata di articoli sulle lande desolate che tanto ci piacciono.
Vi aspetto come sempre su Instagram!
Eleonora
Libri consigliati in questo articolo
Il maestro e Margherita, di Michail Bulgakov: su Libraccio e Mondadori Store
Guerra e Pace, di Lev Tolstoj: su Libraccio e Mondadori Store
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