Questo probabilmente sarà il post più corto dell’intera storia di Pain de Route, perché l’effetto principale che l’Islanda mi fa è togliermi le parole. Di fronte a una tale vastità e purezza di paesaggi ogni commento diventa veramente superfluo e non riesco a non sentirmi stupida nel descrivere qualcosa che è per definizione indescrivibile.
Il viaggio in Islanda è stato il primo viaggio di gruppo che ho fatto nella mia vita. Non come partecipante in realtà, bensì come co-coordinatrice. In sostanza, una gavetta per imparare il mestiere e soprattutto per vedere se mi piaceva, se ero adatta. Che è tutt’altro che facile e richiede attenzione costante, prontezza, socialità (che da queste parti a volte scarseggia parecchio), affetto, cura. A volte mi sentivo un’avventuriera, a volte una mamma, a volte un’insegnante, a volte semplicemente un’amica con cui confidarsi.
L’Islanda goduta in solitaria sprigiona tutta la sua potenza primordiale, mentre vissuta in compagnia riluce di tutta la sua bellezza anche nei visi delle persone che porti con te. Mi ha riempito il cuore vedere due ragazze commosse di fronte agli iceberg della laguna di Jökulsárlón o davanti a un’immensa cascata. È qualcosa di così puro, ma di cui allo stesso tempo io a volte ho paura di non essere più capace.
Abbiamo visto una microscopica aurora boreale. E nonostante fosse piccolissima, è stato come un piccolo miracolo desiderato a lungo, un qualcosa che ti dà ancora fiducia nelle forze della natura.
Dopo 4 anni che non la visitavo, l’Islanda è molto cambiata, in realtà. Il turismo è aumentato a dismisura e mi preoccupa vedere un paese così scarsamente popolato invaso da orde di turisti. Mi preoccupa la sua natura incontaminata e fragilissima, il suo silenzio, il suo buio che vanno tutelati come patrimoni dal valore inestimabile. Mi preoccupa il cambiamento climatico, che a quelle latitudini è un qualcosa di molto più che concreto: i ghiacciai si ritirano, la neve si scioglie prematuramente e persino il sole abbagliante di certe giornate senza neve genera un qualche senso di disagio. Viaggiando in auto per questo meraviglioso paese ho fatto veramente molti pensieri – sulla terra, che da queste parti è 100% natura e dove l’uomo vive ospite, quasi capitato lassù per caso, e sulle persone, che alla fine è sempre bello conoscere. Mai come in questo viaggio ho capito che ogni persona, anche la più diversa da te, riesce a darti qualcosa di positivo, a insegnarti un po’ di strada. Come al ritorno di ogni viaggio, immensa gratitudine.
Ecco qui due piccoli pensieri islandesi.
Buona lettura!
Ele
Un esercizio di spontaneità
E non lo so perché, ma l’Islanda infonde una pace interiore indescrivibile. Un silenzio portentoso che spegne ogni distrazione superflua, ogni rumore dalle nostre altre vite, e ci fa sprofondare senza alternative nel qui e ora della vita vera. È brusca nei modi, ma ha così tremendamente ragione. Tutto è così spontaneo, spoglio e insieme assoluto. Qui tutto basta. A vivere, a farsi trascinare dalla felicità. L’Islanda è davvero il più grande esercizio di spontaneità, di minimalismo. Perché un po’ le sembriamo ridicoli con le nostre attrezzature, i nostri vestiti imbottiti, il nostro parlare anche quando non serve e quell’affannarsi ogni minuto. Qui tutto è imperturbabile – in senso letterale -, con tempi geologici che ridono delle nostre preoccupazioni. Ci zittisce e insegna così tanto. A suon di cascate, colate laviche e lingue di ghiaccio. Mi era mancato sentirmi un cuore così leggero 🙂
Il silenzio
E ancora l’Islanda esercita al silenzio. Un silenzio vastissimo, profondo, emozionale. Mi sono esercitata a spogliarmi del caos che ci stordisce in Italia, dei rumori inutili, del parlare a vuoto. Ascoltare la pioggia che batte sul tetto, isolata da qualunque altro rumore nel raggio di decine di chilometri; ascoltare il vento che fischia nelle gole, che affila gli scogli, che struscia i prati; lasciare che il grande vuoto dei paesaggi del nord evochi i nodi irrisolti che abitano dentro di noi, faccia ordine tra i fili del nostro tessuto emotivo, riallinei i pensieri e le preoccupazioni con grande calma. Esercizi importanti che non è affatto facile fare. Immergersi nella natura è dialogare col proprio sé interiore, lasciarlo libero di parlarci, e ci spaventa perdere il controllo su di lui. Si può attraversare grandi spianate facendo di tutto per essere altrove, per non assorbire la malinconia del paesaggio. Diventare impermeabili: è anche questo un viaggiare? È rischioso lasciarsi trapassare dal verde uggioso dell’erba, dal ticchettio della pioggia o dal canto di una cascata, si rischia di cambiare o di dissotterrare pensieri che volevamo aver sepolto ma che avevano invece ancora qualcosa da dirci. L’ho fatto piano piano, ogni giorno un briciolo di più, e mi ha fatto un gran bene. Mi sono sentita tutta l’Islanda dentro, con i suoi terremoti e onde e nuvole e ghiacci e aurore. Forse, con un po’ di presunzione, come la sentono la lasciano affiorare sui loro visi gli islandesi – lenti, placidi e fieri sudditi di un’isola così regina degli elementi.
In foto: la strabiliante laguna popolata di piccoli iceberg di Jökulsárlón, ai piedi dell’immensa lingua di ghiaccio del Vatnajökull.
A presto,
Ele
Sull’Islanda leggi anche:
- Cosa fare in 10 giorni in Islanda. Il meglio dalla terra dei ghiacci
- Itinerario di 9 giorni in Islanda e una piccola guida per un primo viaggio sull’isola
- Islanda low cost: come e dove risparmiare viaggiando on the road
Questo post può contenere link affiliati o sponsorizzati.
Seguite Pain de Route su Instagram o iscrivetevi alla newsletter.