Ciao!
Finalmente Pain de Route e Soviet Tours arrivano in Asia Centrale: un viaggio avventuroso in Kirghizistan e Uzbekistan anche questa volta molto, molto fuori dai tracciati. Lo dice chi ha già viaggiato con noi in Caucaso, nei Balcani o nel Baltico.
Il tour operator
Il programma qui di seguito riportato corrisponde a un viaggio prodotto, organizzato e gestito in ogni suo aspetto da Soviet Tours di Gianluca Pardelli Einzelunternehmen (Glogauer Straße 32 – D-10999 – Berlin – GERMANIA – tax ID 14/466/02688 – VAT Nr. | USt-IdNr. DE326964370). I dettagli del viaggio sono riportati su questo sito in nome e per conto di Soviet Tours, referente per le adesioni e il pagamento dei servizi di seguito riportati.
Come funziona
Il viaggio è diviso in due segmenti:
- 8 giorni in Kirghizistan, in 4×4 / 1230€
- 1 giorno di transito Osh – Tashkent via terra
- 8 giorni in Uzbekistan, in treno (e un giorno in 4×4) / 1120€
17 giorni in Kirghizistan + Uzbekistan / 2100€
È possibile iscriversi a uno solo dei due segmenti o a entrambi, con un forte sconto.
Le date del viaggio intero sono dal 15 agosto al 31 agosto, dove il primo giorno è libero e di arrivo e l’ultimo giorno è libero e di partenza. È possibile tornare anticipatamente da Urgench o Nukus il 29 e 30 agosto.
Il viaggio prevede la presenza di Eleonora per tutta la sua durata ed è focalizzato sulla diversità culturale, religiosa e paesaggistica, sul patrimonio sovietico e sulle incredibili storie dal passato dell’Asia Centrale.
Andiamo!
Салам, Кыргызстан! Salom, Oʻzbekiston!
Iniziamo il viaggio a Bishkek, la città utopia, la città senza piazze, la città delle rivolte. Orientarsi a Bishkek è logico, ma non facile: manca un punto focale, un centro per come lo intendiamo noi. La città invece si snoda lungo la Chuy, dove si passeggia per chilometri con una samsa in mano che gronda grasso e cipolle, o un gelato plombir, o magari si passeggia e basta, per prendere il fresco della sera, i bambini a girare in bicicletta davanti alla filarmonica, o a tuffarsi nelle fontane. Da piccolo mercato che era, Bishkek è diventata un modello di città sovietica a tutto tondo. I kombinat, i musei, il circo, le università, persino la ferrovia. Dedicheremo un giorno intero alla scoperta del suo passato sovietico, delle sue forme bizzarre, dei profumi del suo immenso Osh Bazaar.
Il giorno dopo partiremo all’avventura con mezzi 4×4, verso le montagne celesti del Tien Shan, quella barriera naturale che separa i nomadi kirghisi dai loro cugini uiguri, in Xinjiang, Cina. Prima le piccole e sgarrupate cittadine resort della sponda nord dell’Issyk-kul, poi le molte culture di Karakol, la porta delle montagne – una variopinta moschea dungan, la chiesa ortodossa in legno, il mercato degli animali, il cimitero russo. Da Karakol, dedicheremo una giornata intera a un trekking per godere a pieni polmoni dell’alta montagna – chi non vorrà venire, andrà in perlustrazione dei dintorni della città.
Poi esploreremo la selvaggia sponda sud dell’Issyk-kul. Da quelle montagne increspate e aride, le vette sempre innevate delle montagne intorno al lago sembrano irreali. Tra volti di Yuri Gagarin scolpiti nella roccia, vecchi sanatori e bizzarri cimiteri locali, raggiungeremo Bokonbaevo. Da lì, il giorno dopo ripartiremo alla volta del remoto lago Song-kul, uno specchio d’acqua idilliaco a oltre tremila metri, dove i nomadi portano le greggi ai pascoli estivi vivendo in yurta. Anche noi dormiremo in yurta, scaldandoci intorno alla stufa, temprando corpo e spirito nelle acque ghiacciate del lago, o galoppando nelle distese verdi in sella a un cavallo kirghiso.
Da Song-kul scenderemo verso Kyzyl-Oi e le sue valli incontaminate per poi continuare lungo la direttrice principale per il sud, per Osh, a caccia di mosaici sovietici, fermate dell’autobus improbabili, e vecchi minareti della Via della Seta, quando al posto dei camionisti erano i cammelli a essere ubriachi dopo quei tornanti.
Alla polverosa Osh, meta di pellegrinaggi pre-islamici con la sua imponente montagna sacra, ci divideremo: chi torna a casa prenderà un volo per Bishkek, chi proseguirà in Uzbekistan varcherà la frontiera e si metterà su un treno a lunga percorrenza attraverso la fertile valle di Fergana, fino a Tashkent – la vera metropoli centroasiatica, rinata dalle sue ceneri dopo il terribile terremoto del 1966.
A Tashkent dedicheremo un giorno intero di esplorazioni. Il Chorsu bazaar a forma di astronave uzbeca, gli spigoli degli edifici modernisti, i mosaici, i memoriali, la stupefacente metropolitana sovietica e ciò che resta della vecchia Tashkent. Poi, sempre in treno, proseguiremo per Samarcanda la mistificata, che risulta sterile se osservata solo nelle sue madrase ripulite, ma prende tutta la vita millenaria che ha fuori dal centro, nei quartieri che nascondono vecchie sinagoghe, chiese ortodosse e ovviamente arte e architetture sovietiche.
Da Samarcanda visiteremo Bukhara, polverosa ma bella come la seta, che si stringe in vicoli tortuosi e poi spalanca in strabilianti moschee. Le sue maioliche sono irripetibili, il suo artigianato finissimo, le sue atmosfere senza tempo. E ancora continueremo verso Khiva dalle possenti mura e minareti azzurro cielo, l’oasi nel deserto, città erede dei fasti della Corasmia. Dove il grande Amu Darya ancora dà acqua, là prospera la civiltà.
Gli ultimi due giorni saranno dedicati alla cultura e alle battaglie del Karakalpakstan, l’immensa regione autonoma dell’ovest uzbeco, dove vive una grande minoranza kazaka, così come quella, titolare, dei karakalpachi. Da Khiva attraverseremo i campi irrigati dell’oasi, correremo lungo il fiume, e infine attraverseremo il deserto del Karakum per spingerci fino a Moynaq, ex porto fiorente sulle rive del lago d’Aral, il lago che era e che non è più. Affacciata sul deserto di uno dei più gravi disastri ecologici della storia, Moynaq è una città che muore, che ospita festival techno ma ha i polmoni malati dai pesticidi, e chi prima pescava ora è emigrato, o si è inventato un altro lavoro. Infine torneremo a Nukus, la capitale del Karakalpakstan col suo vivace mercato, e un improbabile museo d’arte sovietica piovuto dal cielo. Più o meno.
Chi sarà di fretta tornerà a Tashkent via aereo. Chi vorrà godersi le ultime sedici ore di deserto, oasi, tramonti e immensi fiumi, si affiderà ancora una volta alle ferrovie uzbeche. Nukus – Tashkent, e da lì si torna a casa.