La prima volta che ho sfiorato il Ticino dal bordo di una canoa è stato in una delle giornate più gelide dello scorso dicembre, quando la luce del sole, pallidissima, non trasportava neanche il più vago ricordo di calore e le anse selvagge del fiume sembravano una terra di nessuno, quasi apocalittica.
Avevo le mani e i piedi congelati.
A un certo punto, Pietro ha virato la canoa in una lanca, dove alghe frattali quasi fluorescenti popolavano il fondale in un’acqua ferma, trasparente come il ghiaccio. «Metti la mano in acqua, vedrai che è calda». Mi sembrava impossibile, ma aveva ragione. Una risorgiva rendeva l’aria di quel microcosmo che deviava dal fiume tiepida, e la lanca si trasformava in una specie di acquario naturale per pesci intirizziti e altre strambe forme di vita.
Il fiume che segna un confine naturale di una delle regioni più industrializzate e inquinate d’Europa, la Lombardia, dove vivono oltre dieci milioni di persone, e nei pressi del quale sorgono cementifici, raffinerie, il secondo aeroporto più trafficato d’Italia e altri mostri in salsa padano-cyberpunk, è un’oasi realmente selvaggia che la civiltà sembra aver dimenticato esista. Terra di nessuno, invisibile, intatta: il Ticino è uno dei pochi fiumi ancora liberi di vagare senza argini nella maggior parte del suo corso.
Dall’acqua si scoprono isole solitarie, qualche riparo costruito dai pescatori del Ticino, che a pelo d’acqua sembrano quasi covi di pirati, nidi d’uccello, lanche e sabbioni, foreste abbattute con violenza dai nubifragi, lanche da esplorare come nell’Amazzonia più profonda. Assediato dall’antropizzazione più aggressiva, sul Ticino da Sesto Calende in poi nessuna città si affaccia direttamente, eccetto Pavia, poco prima che il fiume raggiunga nel Po.
La collaborazione tra Pain de Route e Pietro Beretta, guida ufficiale del parco nazionale Val Grande e del parco del Ticino, questa volta propone un’esperienza completamente nuova.
Con partenza nei pressi di Vigevano, vivremo due giorni a pelo d’acqua su un gommone da rafting, dormendo una notte in tenda su un’isola del fiume e tornando alla civiltà il giorno dopo, a Pavia.
Per motivi tecnici, il gruppo sarà molto piccolo, con massimo 6 persone + me e Pietro. Ci occuperemo noi della logistica, dei pasti e di tutte le attrezzature necessarie.