ASSALOMU ALAYKUM, O’ZBEKISTON!
Samarcanda, un nome che si srotola, che brilla della sua stessa luce. L’Uzbekistan è molto più di una città mistificata, che arranca per correre dietro all’eco del suo stesso nome.
Questo tour in Uzbekistan corre su lunghe distanze, attraversa ampi spazi vuoti, deserti polverosi, oasi verdi, antichi fasti, relitti sovietici, kitsch contemporaneo. Per restituire la complessa realtà di un paese in boom economico e demografico, dei suoi disastri ecologici, delle sue sfide per il futuro.
CHE ATMOSFERA HA UN NOSTRO TOUR IN UZBEKISTAN
Il nostro tour in Uzbekistan sarà perlopiù in treno, ad eccezione del Karakalpakstan, e includerà un volo interno tra Tashkent e Nukus.
Il primo giorno sarà dedicato alla verde Tashkent, una capitale che si espande a macchia d’olio, che affascina e disorienta nei suoi echi a volte di Russia, a volte di Dubai. Il Chorsu bazaar a forma di astronave uzbeca, gli spigoli degli edifici modernisti, i mosaici, i memoriali, la stupefacente metropolitana sovietica e ciò che resta della vecchia Tashkent.
Poi voleremo nel lontano ovest. Avremo due giorni dedicati alla cultura e alle battaglie del Karakalpakstan, l’immensa regione autonoma dell’ovest uzbeco, dove vive una grande minoranza kazaka, così come quella, titolare, dei karakalpaki. Il primo giorno esploreremo Nukus, la capitale, col suo vivace mercato e un improbabile museo d’arte sovietica piovuto dal cielo. Più o meno.
Il giorno dopo attraverseremo il nuovo deserto dell’Aralkum per spingerci fino a Moynaq, ex porto fiorente sulle rive del lago d’Aral, il lago che era e che non è più. Affacciata sul deserto di uno dei più gravi disastri ecologici della storia, Moynaq è una città che muore, che ospita festival techno ma ha i polmoni malati dai pesticidi, e chi prima pescava ora è emigrato, o si è inventato un altro lavoro.
Il giorno dopo, inizieremo il nostro lento ritorno verso est, correndo lungo le rive verdi dell’Amu Darya, bordato di campi di cotone e di alture sacrificali zoroastriane, per raggiungere Khiva, la città gioiello di possenti mura, altissime torri e minareti azzurro cielo. Khiva oasi nel deserto, città erede dei fasti della Corasmia. Dove il grande Amu Darya ancora dà acqua, là prospera la civiltà.
Da Khiva attraverseremo in treno i paesaggi desolati, a tratti sabbiosi, del deserto del Karakum fino a Bukhara, polverosa ma bella come la seta, che si stringe in vicoli tortuosi e poi spalanca in strabilianti madrase. Le sue maioliche sono irripetibili, il suo artigianato finissimo, le sue atmosfere senza tempo.
Poi, sempre in treno, proseguiremo per Samarcanda, che risulta sterile se osservata solo nelle sue madrase ripulite, ma prende tutta la vita millenaria che ha fuori dal centro, nei quartieri che nascondono vecchie sinagoghe, chiese ortodosse e ovviamente arte e architetture sovietiche.
Infine, torneremo a Tashkent, per finire l’esplorazione delle sue periferie sovietiche, ricche d’arte, e incredibili opere d’ingegneria sovietica.
IL TOUR IN UZBEKISTAN IN BREVE
Questo tour in Uzbekistan è un viaggio intenso, focalizzato sul patrimonio storico della via della Seta, sui mosaici e le architetture sovietiche e sulle sfide quotidiane delle regioni più impattate dal disastro colossale del lago d’Aral. È un viaggio che richiede spirito d’adattamento e flessibilità, ma che ripaga con un’eleganza impareggiata in Asia Centrale e distese sconfinate dove l’occhio vaga e si perde.
Partecipanti: minimo 7, massimo 12
Intensità viaggio: 4/5
IN VIAGGIO CON MASSIMILIANO MACRÌ
Massimiliano Macrì è nato tra due mari, nel punto più ad est d’Italia, dalle parti di Lecce, ma in realtà ci è sempre rimasto poco.
Ha vissuto a Vilnius, Mosca, Kiev, Berlino, Bruxelles, Londra e, da quasi tre anni, a Tashkent. Parla russo e farfuglia qualcosina in uzbeko. Per sei anni è stato redattore e traduttore per Russia in Translation. Appassionato di fotografia, architettura sovietica, arte, letteratura e opera; gioca a rugby da amatore.
Se ama tutto ciò che riguarda l’Est-Europa e i paesi dell’Ex-Unione sovietica è anche grazie a suo nonno, che a 80 anni (se n’è andato a 98) ha ri-cominciato a studiare il russo dopo aver passato la sua vita per mare e porti sovietici del Mar Nero.