Carpazi d’Ucraina: itinerario di confine e romanticissimo

Pubblicato il 1 Ottobre 2019
chernivtsi

Scritto da Eleonora

I Carpazi in Ucraina hanno qualcosa. Ce l’hanno per davvero, anche se forse tutta l’Ucraina occidentale ce l’ha. Forse è perché sono una vera terra di confine, che ti prende perché tu non riuscirai a prenderla mai. Sono montagne, dopotutto. Niente di nuovo per noi: eppure sono qui a scrivervene con romanticismo malinconico, come quando si sta per salutare un caro amico per lungo tempo.

In Ucraina ero già stata tre volte, ma le regioni intorno ai Carpazi – che sugli ucraini hanno lo stesso effetto che ha Pietroburgo sui russi – erano un grosso vuoto che dovevo colmare al più presto, un nodo fondamentale della difficile identità ucraina. In realtà cercavo un’aria di Mitteleuropa più vera, non standardizzata dai fondi europei per le ristrutturazioni e gli autobus ecologici, per concludere l’estate nel periodo del raccolto migliore e assaporare le prime luci dorate d’autunno. E forse cercavo anche l’Ucraina più vera, quella dove il russo non si parla e in cui gli anziani slacciandosi il giubbotto a bordo treno sfoggiano con orgoglio una vyshyvanka cucita a mano.

Tutt’altro paio di maniche rispetto a Kyiv, a Odesa, per non parlare di Kharkiv. E se Lviv ha una sua identità fortissima e fiera, tale da renderla una delle città più magnetiche mai visitate, comunque rimane altra cosa rispetto alle piccole cittadine e ai villaggi dei Carpazi.

Sull’Ucraina ci ho scritto la mia tesi magistrale, eppure è un paese così vasto e vario che in molti sensi è stato (di nuovo!) come vederlo per la prima volta. Ho costruito il mio itinerario per toccare alcune delle città e i villaggi di provenienza delle donne del mio dataset, ho raccolto altre storie di rinascita e di emigrazione, ho cercato di avvicinarmi allo stile di vita più rurale possibile, che è la vera gemma di queste terre.

E senza aver ancora finito gli ultimi capitoli di Transeuropa Express di Paolo Rumiz, sono finita per fare un itinerario veramente simile al suo: ingenua attrazione per le linee di confine, che qui sono più nette che mai. Al di là e al di qua dei Carpazi ogni città si trova su un confine visibile o invisibile, nuovo o antico, culturale, linguistico, orografico o religioso. Il vero bello del viaggio è vedere chi o cosa sfuma dove, spiare i dettagli, seguire l’evolversi del gusto osservando le verdure e le spezie ai mercati, contare le cupole a punta o a cipolla.

Questo itinerario nei Carpazi d’Ucraina ve lo racconto oggi, integrando finalmente la mia piccola guida a come organizzare un viaggio in Ucraina.

E andiamo!

Carpazi d’Ucraina: itinerario

Racconterò qualcosina dei luoghi visitati senza una cronologia precisa o indicazioni di tempo: il nostro è stato un viaggio abbastanza rapido, di perlustrazione, con tempistiche scandite più dagli incontri di persone che avevamo che dai reali tempi necessari per visitare tutto con calma. Non si può mai “vedere tutto”, anche perché molto dipende dal meteo, dalle strade e così via. C’è turismo nei Carpazi, soprattutto ucraino, ma non sono ovviamente attrezzati come l’Italia.

Sarebbe stato un viaggio da affrontare con molta più lentezza di così, ma il tempo era limitato e ci eravamo detti che sarebbe stato giusto un modo per farci un’idea. Ormai ho capito che nei luoghi mi piace tornare, conoscerli a fondo. E anche qui tornerò un’altra volta.

Chernivtsi, di echi rumeni

Il nostro itinerario nei Carpazi ucraini è iniziato da Chernivtsi, con alle spalle sei ore piene di marshrutka moldava, di quelle scassate, che fanno decine di fermate inutili, e che sparano musica russa trash a ripetizione.

Su Chernivtsi avevo altissime aspettative e no, non mi ha delusa. È una città elegante e decadente, romantica fino al midollo, multiculturale nel DNA. Non a caso ha prodotto quel capolavoro d’architettura e di scienza che è l’Università (patrimonio UNESCO), ma non solo. A Chernivtsi siamo incappati in concorsi canori, studenti in fibrillazione per la ripresa delle lezioni, stradine acciottolate e bellissimi edifici art déco, sempre incorniciati da un ramo di vite americana che inizia ad arrossarsi. La capitale della Bucovina storica, regione rumenofona ancora oggi sede della minoranza rumena d’Ucraina, rivela però un vuoto lasciato dalla enorme comunità ebraica spazzata via dalle deportazioni. Città multiculturale, sì, ma dove le ex sinagoghe vengono riconvertite in cinema, perché tanto non servono più. Rimangono le 50.000 lapidi del cimitero ebraico, le targhe negli edifici del centro e i resti virtuali del ghetto nella città bassa.

Città che offre più di quello che sembra, meno prospera rispetto a città vicine, ma che merita assolutamente una visita approfondita.

Ivano-Frankivsk, piccola città galiziana

Città intitolata a Ivan Franko che non compete con Chernivtsi quanto a eleganza: il tanto decantato Ratusha (l’ex Municipio, parola di derivazione tedesca, da Rathaus) è un blocco color avorio di rara bruttezza geometrica in quella che altrimenti sarebbe stata anche una piazza di un certo fascino. Quello che ci ha però stregati è la straordinaria vitalità di questa cittadina della Prykarpattya, che ha come centro propulsore il rynok, una specie di astronave metallica di epoca sovietica articolata su due piani. Bellissimi mercatini nella piazza centrale, città piena di gente anche la sera, molte chiese barocche e anonime da fuori, ma che si rivelano un caleidoscopio di colori da dentro. Promossa per la vitalità e dinamicità, che a Chernivtsi un po’ mancano.

Abbiamo anche due posti da consigliarvi: il MIF hostel (è carinissimo e ha pure tre galline in giardino!) e il Fabbrica per mangiare alla sera (ristorante italiano e ucraino con ingredienti esclusivamente ucraini di massima qualità, raramente ho mangiato così bene!). Prendete nota!

Kolomya, dove ucraino non è hutsul

Piccolo centro e primo avamposto di cultura hutsul sulla porta dei Carpazi. La cittadina non è niente di speciale, ma il museo etnografico hutsul merita assolutamente una visita – grande, ben organizzato, con decine di oggetti meravigliosi in esposizione e, udite udite!, persino qualche spiegazione in inglese! Se vi piace l’artigianato del legno e dei tessuti, è il luogo per voi.

Il museo del Pysanka è invece una bella idea (unico museo del genere al mondo, costruito dentro un uovo gigante e un po’ kitsch), ma non è niente di esaltante da dentro: una semplice esposizione del virtuosismo decorativo delle uova pasquali ortodosse, le pysanki, appunto. Centinaia di uova esposte, non ce n’è una uguale e sono tutte bellissime.

Yaremche, che l’avventura inizi

Paesino da fiaba, con centinaia di case in legno una più bella dell’altra, nonché centro principale della valle degli Hutsul. Ottimo punto dove fermarsi una notte e per trovare mezzi di trasporto per altri paesini lungo la valle, o anche solo per avventurarsi nelle montagne circostanti senza una meta precisa. Carina pure la chiesa in legno, peccato sia stata rivestita di metallo sbalzato.

Nota importante: Yaremche è servita dalla ferrovia, ma è praticamente impossibile in tutta la valle capirci qualcosa degli orari dei treni non a lunga percorrenza, cioè l’elektrichka. Che di elektrichka ha solo il nome, visto che si alimenta del peggio gasolio mai prodotto dall’umanità. Ma gli perdoniamo anche questo, visti i suoi irresistibili interni in legno anni ’60 (grazie a Marco Carlone per la soffiata). Quindi: andate alle fermate e chiedete alle antipatiche bigliettaie a che ora passano i treni il giorno dopo. Se anche parlate in russo, con scuse e riverenze e tutti i crismi, sappiate che al 90% vi verrà risposto in ucraino! Ed è qui che inizia il divertimento.

Yasinya, Carpazi profondi

Nel cuore della valle e primo paese della Zakarpattya, Yasinya è un tranquillo paesino che ospita una splendida chiesa in legno patrimonio UNESCO, tutt’ora utilizzata per le funzioni. È anche il miglior punto di partenza per raggiungere Drahobrat, d’inverno stazione sciistica molto popolare, d’estate ottima base per camminate in alta quota con panorami tanto mozzafiato quanto rilassanti.

Transcarpazia (Zakarpattya) in treno

Da Drahobrat, dove abbiamo dormito, siamo riusciti a saltare di nuovo sul famoso elektrichka senza orari di Yasinya e farci portare alla sua stazione finale, Rakhiv (o Rakhov, in russo). I binari in realtà continuerebbero anche, ma sconfinano in Romania e quindi sono stati chiusi, in attesa che la Transcarpazia costruisca un tunnel per collegare la valle a Solotvino. Che vi piaccia o meno, quindi, dal paesone di Rakhiv, meta di pellegrinaggio di centinaia di babuli di montagna per il suo grosso mercato, dovrete prendere una marshrutka fino all’ampia valle e precisamente fino a Solotvino, nuovo capolinea del treno. Noi abbiamo provato a scendere a Tyachiv, un po’ più avanti di Solotvino, sperando di avere tempo per una deviazione verso le montagne, dove si trovano alcune chiese di legno bellissime. Ma il clima da pianura padana a novembre, l’atmosfera disagiatissima e le tempistiche risicate alla fine ci hanno fatto saltare sul primo treno per Batovo, inutile scambio ferroviario da cui si prende un altro treno per Mukachevo.

Mukachevo, fortezza ungherese

Questa cittadina, la seconda in Transcarpazia, merita una piccola sosta. Perché qui, dopo aver attraversato tutta la piana del Tibisco al confine tra Romania e Ungheria, finalmente si sente un’atmosfera cittadina e il sostrato ungherese che affiora. Paprika a sacchi venduta nei mercati, peperoni rosso squillante, nasi più pronunciati e visi decisamente poco slavi. Anche l’architettura si fa più semplice e classica, ma rigorosamente a colori pastello; svettano qui e lì le chiese cattoliche ungheresi, e già dal treno si vede in lontananza la bellissima fortezza di Palanok, che vi consigliamo di visitare. Sia perché da lì quasi quasi si vedono in lontananza gli ottomani arrivare, sia perché è una fortezza simbolo della cultura ungherese nella zona.

Uzhhorod, città di confine

Anche Uzhhorod ci è piaciuta: e questa sì che è una vera città di confine. La Slovacchia e l’Ungheria distano una manciata di km ciascuna. Qui la lingua russa è un lontano ricordo. Tatyana, una libraia del centro, mi dice che al massimo può provare a parlare surzhyk, un miscuglio di russo e ucraino, ma non si scusa: il russo qui non serve più, e non vede perché dovrebbe continuare a parlarlo. Do pobachennya, le dico, e mi regala una cartolina.

La cittadina è viva e carina, il centro si snoda intorno a un ponte piuttosto recente. Il mercato merita come sempre un salto, ma non è dei più belli visti in tutto il viaggio. Bella invece la possente fortezza e soprattutto il museo etnografico all’aperto che sorge proprio di fianco: è molto grande e completo, con abitazioni anche molto antiche da tutti i distretti della Transcarpazia. Non perdetevi (e magari provate a entrarci, di sera) la ex sinagoga ora filarmonica, in un maestoso edificio moresco lungo il fiume; e poi andate a caccia di micro sculture sparse qui e lì per la città.

Per qualche micro racconto che vi farà innamorare di questa cittadina che è not really Ukraine, leggete la penna bravissima di Annika, sul suo blog.

Altri spunti per un viaggio nei Carpazi d’Ucraina e dintorni

Ogni paesino della valle di Yaremche ha il suo perché. Da Vorokhta si parte per la scalata dell’Hoverla, a Kvasy si fanno le birre artigianali, a Rakhiv sgorga acqua minerale e termale, da Dilove si parte per la scalata del Pip Ivan, a Bukovel va a sciare l’Ucraina bene (ma non so se vorreste davvero merscolarvici). E la valle degli hutsul non è nemmeno l’unica!

Se come me siete appassionati, vi piacerà fare ricerche per trovare le chiese di legno più belle. Ogni paesino ha la sua, ma quelle protette dall’UNESCO o dalle architetture più ardite possono essere davvero remote. Iniziate a documentarvi da qui.

Sia la Zakarpattya che la Prykarpattya (oblasti di Ivano-Frankivsk, Leopoli, Chernivtsi) sono costellate di splendidi castelli, più o meno vicini ai Carpazi. Fate ricerche se la cosa vi appassiona. I più famosi, a un’ora e mezza da Chernivtsi, sono quello di Kamyanets-Podilsky e Chotyn, che per noi erano però troppo fuori mano. Prossima volta!

È naturale iniziare o finire un viaggio nei Carpazi ucraini a Leopoli, città meravigliosa e sorprendente. Dedicatele tanto tempo, perché ha tanto da offrire. Vi ho raccontato in questo post cosa c’è da vedere a Lviv (Leopoli).

A presto come sempre, soprattutto su Instagram!
Eleonora

Libri consigliati in questo articolo

Galizia, di Martin Pollack: su Amazon, Libraccio, Feltrinelli e Mondadori Store
Transeuropa Express, di Paolo Rumiz: su Amazon, Libraccio, Feltrinelli e Mondadori Store

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