Ho dato una seconda chance a San Pietroburgo. La prima volta non mi era piaciuta. L’avevo trovata turistica, stanca, trasandata, anonima. Dico davvero. Effettivamente è una città che è difficile apprezzare se non si conosce nessuno, lì, o se ci si chiude solo nei (bellissimi) musei, se non si esce dal centro. E’ una città introversa.
A San Pietroburgo bisogna camminare, come a Mosca. Non c’è scampo, la metro non copre bene la città e non è molto utile. Ma quante belle scoperte farete! Andate a prendere il vento lungo i fiumi, a vedere la bellissima Moschea Grande o altre piccole chiese nascoste, a intrufolarvi nelle librerie, a cercare le statue dei ponti.
In questo post ho raccolto due micro diari di viaggio, per lasciarsi suggestionare; alcuni spunti, un itinerario per le zone meno turistiche di San Pietroburgo e alcuni consigli.
Se volete vedere bene anche i musei (e vi consiglio l’Ermitage, ovviamente, ma anche il Museo Russo e il Museo Etnografico) vi serviranno almeno quattro giorni interi.
Ci sono tornata per tre giorni, ospite con CouchSurfing di una splendida coppia innamorata della città. Lui pietroburghese doc, con un viso molto tedesco, in realtà. Artyom, che colleziona vinili di Shostakovich. Lei un sole siberiano, Darìa, asiatica e cosmopolita insieme, di una forza e bellezza spropositate. Prima mi hanno stregata, raccontandomi tutti i mille cuori di San Pietroburgo. Poi mi hanno consigliato i posti dove andare a trovarli. Colpiti e affondati.
Una chicca? Etazhi, una specie di centro artistico con bar, negozietti alternativi con una terrazza panoramica mozzafiato. Un po’ cara (250rub, 4€), ma attrezzatissima di pouf, palco per concerti, installazioni artistiche etc. Non perdetevela.
Perché sono finiti i tempi d’oro in cui le case avevano i portoni aperti e si poteva scivolare sui tetti, da palazzo a palazzo, e passare lì sopra le notti bianche…
Una seconda chicca? Novaya Gollandiya, New Holland. Un’isola tra i canali, con un nuovissimo parco e vari edifici storici riqualificati e riconvertiti in baretti, centri espositivi, cinema, che sono stati ex fabbriche, ex prigioni, ex cantieri navali…
Un libro carino per conoscere la Pietroburgo letteraria e culturale è Bagliori a San Pietroburgo di Jan Brokken, che si divora in un paio di giorni e se ne esce con decine di nuovi spunti di lettura.
Bene! Cappello – guanti – sciarpa e siete pronti per affrontare il mirabolante clima infernale della città. Su, su, su!
Qui sotto c’è il mio itinerario per le zone meno turistiche di San Pietroburgo, partendo dalla metro Gorkovskaya e arrivando alla Sadovaya. Sono 17km (ehm… quando mi esalto perdo il conto dei km!) per zone tranquille, con palazzi bellissimi, lungofiumi alberati, piccole chiese, moschee…
Potete salvarlo mettendo una stellina di fianco al nome, comparirà tra le vostre mappe personali su google maps anche da cellulare 🙂
Questo è stato il mio (brevissimo) diario di viaggio per alcune (lunghissime) camminate, buona lettura!
Ele
I. San Pietroburgo e i pietroburghesi
La cosa bella di Pietroburgo sono i pietroburghesi.
Spettinati, un po’ sconvolti, leggerissimi quando camminano, musicali, che non aspettano altro che dischiudersi e librarsi in volo.
Al primo raggio di sole si fermano, lì, in mezzo alla strada. Chiudono gli occhi. Rivolgono il viso verso il sole e sorridono. Sorridono di cuore, da dentro, a quel rarissimo raggio di sole, lo ringraziano, lo assorbono.
Perché la cosa più importante da capire di Pietroburgo è che è una città infernale, un grande capriccio di uno zar per un sogno più grande e bellissimo. Pietro il Grande voleva una perla sul Baltico, una piccola Amsterdam russa affacciata sull’Europa. Anche a costo di disboscare la taigà, colmare le paludi coi tronchi, domare quel fiume terribile, la Nevà. Ce l’ha fatta, e ha condannato i suoi scompigliati abitanti al grande gelo, al grande vento, al grande buio nel lungo inverno. All’umido che arrugginisce i ponti, marcisce le ossa, alle tossi tisiche. Pietroburgo è una maledizione bellissima.
Pietroburgo è una città decadente, sofferente. Schiacciata da una storia durissima, da una cultura vastissima. Serve un po’ di malinconia per abitarla, un po’ di raffreddore. Serve voglia di sgattaiolare sui tetti a catturare le notti bianche. Serve essere sognatori, sgarrupati, sgualciti. Ma soprattutto spiriti liberi.
Perché Piter li adotta tutti: i selvaggi, gli apolidi, i maledetti, i musicisti, gli ubriachi. Sotto un ponte, in una reggia, in un parco o in un vecchio e muffo palazzo del centro ci sarà sempre un posto per chi sa parlare a cuore aperto, senza filtri.
II. Una siberiana a San Pietroburgo
– Oggi il cielo è strano. Le nuvole sono strane. Grosse, bianche. Molto raro, a San Pietroburgo.
Daria sa il significato di ogni nuvola. Ha degli occhi grandi e con un taglio strano, leggermente asiatico. Colore indescrivibile, tra il grigio e il verde, zigomi larghi, spigolosi, capelli lunghissimi e scuri. È siberiana.
Siberiana della Jacuzia, il luogo abitato più freddo della terra. D’inverno si sta sui -60° e d’estate, per due o tre micidiali settimane, si raggiungono anche 40 gradi. Sopra lo zero, ovviamente, con zanzare carnivore in omaggio.
Non ne avevo mai incontrati, prima, di siberiani del Nord. Sono posseduti da un grande animale, selvaggio e fiero: e ruggisce, scalpita, cerca di liberarsi con un’energia magnetica, che ti cattura con poche parole pesate, dense, poche immagini vivide e crude.
Daria è tremendamente calma e affascinante. Ogni cosa di lei ricorda uno spirito della taigà. Cammina senza emettere un rumore, sembra un cervo agile e veloce, impossibile da captare o catturare. Parla come il fiume Lena, immenso e pieno di pesci unici. Ride come un lago sacro, abitato da spiriti da propriziarsi prima della caccia. È sicura e ferma come un cacciatore dei boschi, che sa dove andare, senza disturbare le anime del bosco.
Questa creatura inarrestabile e libera ha viaggiato in tutto il mondo. Si è fermata qui, per amore, nella bella e dura Piter, che affascina e ammala di tosse rauca, gratifica e poi picchia di vento, pioggia, freddo. Non è un posto per tutti. In tanti non ce la fanno a sopportarne il mistero: scappano, dopo un anno o due. Per loro Piter è troppo.
Una siberiana non è certo tra questi. Per lei ogni angolo della terra è una tana sicura. A Piter è come una regina della vita, che scappa sui tetti di notte a cantare a squarciagola prendendo il sole di mezzanotte o la pioggia estiva, corre sui canali ghiacciati, si tuffa nel fiume gelido, raccoglie il vento tra i capelli.
Daria, la mia host di Couchsurfing.
Libri consigliati in questo articolo
Bagliori a San Pietroburgo di Jan Brokken: su Amazon, Libraccio, Feltrinelli e Mondadori Store.
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2 commenti
Rolando
Decisamente interessante la tua psicanalisi dei pietroburghesi :-))
In effetti il clima della città è decisamente impegnativo per noi mediterranei ma se talvolta i cieli grigi e le temperature ballerine spingano alla depressione fino a giugno, occorre anche dire che basta entrare in una qualsiasi sala dove assistere a concerti e balletti o passeggiare tra laghi e boschi per riacquistare la gioia di vivere tipicamente russa.
Scherzando ho detto a delle amiche russe che adesso che ho assaggiato la vita russa ho capito perchè loro non usano farmaci antidepressivi come si fa invece in tanti paesi europei e negli Stati Uniti: la loro passione per la loro storia e per la musica.
Eleonora
Puoi dirlo forte. La Russia vera è invisibile. Abita nei russi, nella musica, nella storia. A Mosca, di sera, trasmettono musica classica dagli altoparlanti della metro. Ti senti in una sala da ballo, la stanchezza scivola via. Gusto finissimo, indescrivibile. Non lo dimenticherò mai, sul serio!
Grazie ancora!
Ele