Io e Luca Domenichelli ci siamo conosciuti grazie al progetto (mastodontico e primo in Italia) Poputchik (2020-2021), grazie al quale in più di mille abbiamo viaggiato e scoperto destinazioni remote e inaccessibili attraverso le riprese live di 25 guide in 20 paesi del mondo. Da Novosibirsk a -32°, con la nostra guida Alena che aveva le ciglia congelate, alla Beirut devastata a pochi mesi dall’esplosione.
Anche grazie ai contatti e alle informazioni acquisite con i poputchiki, parola che in russo significa un’accezione molto specifica e bella di «compagno di viaggio», Luca ha deciso di iscriversi all’università all’estero e poi di partire per un mese, da solo, in Armenia.
A dicembre 2021, si è iscritto al primo tour in Armenia di Pain de Route e Soviet Tours, per vedere nuove zone del paese e in una stagione diversa. Per noi è stata una sfida importante, da cui abbiamo imparato moltissimo. Come dice Gianluca Pardelli di Soviet Tours, «si può sempre fare tutto», ed è vero. Gestire e rendere più fluidi gli spostamenti in sedia a rotelle in un paese con l’Armenia è stata anche una bella sorpresa in positivo. Le difficoltà ci sono state, ed erano soprattutto pregiudizi miei e ostacoli che credevo ci fossero quando in realtà non c’erano. È servita una bella organizzazione e collaborazione, ma tutto è andato sorprendentemente meglio di quello che ci aspettavamo. Condensiamo in questo articolo l’esperienza guadagnata perché sia utile ad altre persone con difficoltà o disabilità motorie.
Un grazie speciale a Rebecca per i confronti sempre illuminanti e per avermi dato l’idea di fare questa intervista.
Buona lettura!
Viaggiare in Armenia con una sedia a rotelle. L’esperienza di Luca Domenichelli
Chiamo Luca su Google Meet perché, tanto per cambiare, è a Erevan. Ormai io e i nostri compagni di viaggio ci siamo abituati a vederlo più lì che in Italia. Dalla sua stanza vede il doppio cono del Monte Ararat, un panorama celestiale, che si rivela solo di tanto in tanto, quando il cielo è terso. È tornato a Erevan per rimanerci più di tre mesi, questa volta, tutta l’estate fino a inizio settembre. Di nuovo, da solo e in completa autonomia, ma tanto ormai in Armenia è praticamente di casa. Dopo aver seguito anche un corso di armeno, stanno cadendo anche le barriere linguistiche.
Inizio con una domanda un po’ banale, che fanno sempre anche a me, ma che credo sia interessante per conoscerti un po’ meglio. Da dove viene la tua voglia di viaggiare?
Beh, ho 20 anni e come tutti anch’io vedevo video su YouTube di gente che viaggiava e visitava posti pazzeschi, e volevo farlo anche io. La curiosità mi è nata da lì, ma questo mi ha aiutato anche dopo, guardare video di persone che ti dicono cosa fare, a cosa stare attento et cetera.
Invece l’idea di viaggiare da solo deriva dal fatto che quando sei disabile viaggiare con la famiglia è un po’ uno sbatti. Quando si è piccoli è molto stancante, sia per la famiglia che ti deve assistere sia per te. E poi è tutto più complicato, trovare un posto a norma dove dormire è facile, ma trovarlo per una famiglia intera che deve stare con te non è facilissimo. Non ho viaggiato molto da piccolo, a parte per le gite scolastiche, e ora invece che ho un anno libero ne sto approfittando. Dovrei iniziare a settembre a studiare al Trinity College a Dublino, un joint honours in philosophy and mathematics, ma prima dovevo fare il C1 di inglese.
Domanda odiosa che mi hanno fatto tremila volte, e che ti rifaccio anch’io per la prima volta. Scusami. Ma i tuoi genitori cosa pensano del fatto che tu voglia viaggiare da solo su una sedia a rotelle? Ti hanno supportato? Si sono preoccupati?
Dopo un po’ quando hai la capacità giuridica… Insomma, possono fermarti fino a un certo punto! (è la stessa cosa che ho sempre risposto anch’io, ndr).
Mia madre è contenta perché vede l’indipendenza e un figlio che viaggia, soprattutto se è disabile. In una famiglia non sai mai veramente cosa tuo figlio riuscirà a fare, soprattutto nel mio caso, ma avrei potuto avere anche difficoltà e complicazioni completamente diverse. Mia madre onestamente credo sia felice. Mio padre è un pochino più ansioso. Ma in realtà mia madre è la mia partner in crime, perché capisce le motivazioni che mi spingono a viaggiare. Anche perché per mia esperienza all’estero le persone sono meno abiliste, quindi anche nell’ottica di instaurare relazioni con le altre persone secondo me è più facile.
E invece questa passione – quasi ossessione! – per l’Armenia da dove arriva?
Sinceramente non so come ho scelto l’Armenia. Ho iniziato ad ascoltare Cemento – gran podcast tra l’altro – e a studiare un po’ di geopolitica ex sovietica.
Ma grazie (lusingata, ndr)!
Volevo anche imparare una lingua particolare e mi ha attirato la lingua armena, con il suo alfabeto unico, che è molto complessa ma anche molto bella. Erevan è fortemente accessibile tra l’altro e le persone sono talmente tanto servizievoli che questo interesse si è ancora più rafforzato. Le persone in strada ti aiutano tantissimo, il gradino anche se c’è non lo vedi più perché le persone ti aiutano anche dove la città non è accessibile.
E appunto parliamo un po’ di accessibilità in Armenia. Quando ti sei iscritto al viaggio in Armenia dentro di me ho pensato «ok, tutto è possibile, ma sarà un casino. E poi siamo in Armenia, mica a Stoccolma!». In realtà sono io la prima ad essere rimasta piacevolmente stupita di quanto le città armene, soprattutto Erevan e Gyumri, fossero accessibili. Per assurdo molto più di tante città italiane. E alla fine il tour è andato alla grande!
Allora, sì, l’accessibilità in generale nel mondo ex sovietico varia molto da paese a paese, l’Armenia non è il Kazakistan, ogni paese ha le sue peculiarità in questo senso. Poi non ci pensiamo molto, ma il cemento che è onnipresente sulle strade sembra inadatto, ma non è che i sampietrini a Pistoia vadano meglio (ride), anzi!
Infatti!
E le scale, ah! Ma non è che la torre di Pisa sia più accessibile del palazzo di periferia di Gyumri. Cioè, ci dipingiamo uno scenario pieno di ostacoli, ma già la realtà in cui viviamo in Italia lo è, e l’estero non è per forza messo peggio. Erevan è comunque una città abbastanza europea, piena di servizi, pulita, ordinata e il centro (che è recente, ricostruito in toto con un piano urbanistico geniale, nel 1924, ndr) è stato ricostruito molto bene: con rampe lisce, lunghe e non troppo ripide, attraversamenti fatti bene. E avendo le strade molto asfalto – magari meno bello all’occhio di un italiano – in realtà l’asfalto risulta più comodo dei sampietrini, dei ciottoli, del pavé, e perfino le fontane, più basse e con getto dal basso verso l’alto anziché dall’alto verso il basso, sono più comode da utilizzare. Il centro è fatto proprio bene e anche dove ci sono dei gradini le persone ti aiutano con una parola soltanto, non gli pesa, non devi neanche chiedere. E per mia esperienza non esagerano poi (nota del disabile: i non disabili in Italia potrebbero risultare un po’ troppo insistenti…), insomma ti aiutano spontaneamente e poi ti lasciano stare, quindi rendono il tutto molto gradevole. Mi sono trovato benissimo. Alla fine è quello che fa la differenza: se ti diverti in viaggio va bene così, chissene se c’è il gradino o no, se il viaggio va bene ed è piacevole per me va bene. Non è il gradino in sé ad essere un vero ostacolo insormontabile.
Come ti muovi in centro a Erevan più nello specifico?
Mi muovo a piedi, o meglio a spinta (ride), perché è tutto liscio, e il centro è abbastanza piccolo, nel giro di 5km ce la si fa. La parte più complicata è quella dove si sale, la zona di Abovyan e l’anello dei giardini, perché è un po’ tutta in salita. La cosa positiva per me che uso la carrozzina è che sì, all’andata è tutta in salita, ma al ritorno è tutto in discesa. Che significa che poi ti stanchi pochissimo. I mezzi pubblici non sono accessibilissimi, anche se dal 2015 ci sono già dei nuovi autobus che hanno l’elevatore e sono completamente accessibili. Mentre la metropolitana ancora non si può usare, c’è un ascensore solo tra tutte le stazioni, ma poi una volta che sei sotto sono comunque tutte scale, quindi è inutile. Ho visto in realtà delle rampe un po’ artigianali sulle marshrutki (minivan da 20 posti usati come trasporto rapido urbano ed extraurbano, ndr), ma essendo così stretto dentro alla fine poi non si può davvero usare, e ci sono troppe persone.
In viaggio in Armenia, quando giravamo in città, abbiamo scoperto che sulle app di taxi armene (gg e YandexTaxi) c’è l’opzione minivan, che costa quasi uguale a un taxi normale. L’abbiamo usata tantissimo perché era la soluzione perfetta per noi.
Sì infatti, i taxi grandi sono economici, puoi metterci la sedia intera (Luca non usa una sedia pieghevole perché sono di bassa qualità, ndr), quindi i trasporti privati sono efficienti ed economici da poterli usare senza sentire una gran differenza con il fatto che non puoi usare i mezzi pubblici. Poi abbiamo preso il treno insieme da Erevan a Gyumri ed era accessibile, largo e con spazio dedicato. Onestamente, in Italia non mi è mai capitato di trovare un treno così accessibile. Magari ok, ti facevano sedere sul sedile, ma poi ti lasciavano la sedia chissà dove, e quindi non ero comunque autonomo perché non potevo andare in bagno, spostarmi et cetera. Il treno per Gyumri alla fine non era così male, decisamente meglio di quelli italiani. Anche in Italia non ho mai visto cose perfette, in Italia a volte usano il sollevatore a manovella (sì, a manovella) o elettrico, ma che si rompe sempre e ci metti sempre un quarto d’ora.
Che paure avevi e che aspettative avevi? Distingui le tue personali da quelle che gli altri avevano per te, che credo sempre sia importante da sottolineare.
Purtroppo quando si parla di Caucaso ed ex URSS i miei genitori erano preoccupati per la criminalità, e io provavo a spiegargli che fossero posti sicuri, anche la polizia è la prima ad aiutarti, e l’Armenia non è la Russia dove della polizia non ti puoi fidare al 100%. Quindi i timori degli altri erano sulla sicurezza del posto, problema che in Armenia non sussiste perché è sicurissima. Poi io sinceramente ho sempre grosse remore e problemi per quanto riguarda la comunicazione. Ah, non parlo russo, non parlo armeno, loro non parlano inglese, come farò. Però poi ho superato la cosa perché stavo andando proprio a studiare l’armeno, quindi sapevo che me la sarei cavata, mi serviva solo un po’ di tempo.
Per capire se era fattibile, i Poputchik che hai fatto mi sono stati utilissimi e in generale sono utilissimi per i disabili: puoi fare una perlustrazione accurata dei gradini, dei marciapiedi, delle strade e così via. Erano i ritagli di video che non interessavano a nessuno e che invece per me erano fondamentali (ride).
In Armenia ci saresti andato lo stesso anche senza aver partecipato ai Poputchik, potendo quindi vedere una realtà non filtrata delle città?
Ci sarei andato lo stesso, sì, ma i Poputchik mi hanno dato la conferma definitiva, è un po’ come chiedere a un amico – Poputchik significa compagno di viaggio, no? Ho anche scritto alle guide dei tour, che mi hanno subito risposto. Ecco, quello mi ha tolto una grande preoccupazione, la loro disponibilità. Mi hano detto subito «sì, ci vediamo, chiedici, se hai bisogno!». Sapevo che c’era qualcuno che mi avrebbe aiutato in casi di emergenza, che ne so, andare in farmacia se c’è una rampa di scale. Avevo dei contatti con cui poi sono diventato amico e ho instaurato un bel rapporto. Quella è stata la cosa che poi ha fatto la differenza.
In realtà ero già pronto a un viaggio particolare, in Russia, in Siberia. Dovevo andare ad Akademgorodok, all’Università Statale di Novosibirsk, la NSU, ma poi mi hanno annullato il visto per colpa della burocrazia russa. Alla fine è stata mia madre che in due giorni mi fa «basta, vai in Armenia!», così in quattro e quattr’otto abbiamo organizzato tutto e dopo quattro giorni sono partito per Erevan. È stato tutto velocissimo.
Parliamo invece di difficoltà oggettive, che ci sono state, e di come le hai superate. Per l’appunto, si fa tutto, ma serve un po’ di organizzazione a monte.
Il primo viaggio è stato lampo e in realtà ho avuto poco tempo per organizzare tutto al meglio. L’aereo e l’hotel erano le due cose più importanti. Per quanto riguarda la compagnia aerea, non conoscevo l’aeroporto di Vienna, non avevo mai viaggiato in aereo fuori dall’Italia; avevo preso solo voli interni, con Ryanair, Easyjet, e non sapevo che Vienna fosse così straordinaria, sono rimasto davvero molto colpito. Non credo esista un’assistenza disabili in aeroporto migliore di così. Avrei potuto anche prendere Ukrainian Airlines al tempo, ma alla fine ho preso Austrian con scalo a Vienna perché gli orari erano più comodi. L’assistenza di Vienna è leggendaria, tutto è stato semplice, fluido e ottimamente collegato. L’aeroporto poi non è troppo grande a differenza di altri (Francoforte e Istanbul per esempio).
Quanto al dove dormire, le altre cose fondamentali sono il bagno, che deve essere grande e spazioso così puoi lavarti, e che in generale non ci siano gradini, anche se comunque io un po’ riesco a farli. Potendo camminare se mi appoggio non ho avuto problemi. Gli armeni che sono gentilissimi, qui in hotel mi hanno messo una rampa! Non è la migliore del mondo, ma non importa, l’hanno comprata apposta per me e la useranno anche per i prossimi ospiti, chiedendomi un feedback in modo da poterla migliorare per la volta successiva.
Poi per il resto la prima volta non avevo preso una SIM locale e ora invece ce l’ho, che è molto meglio sia se devo uscire con amici, così posso accordarmi con loro, sia se devo chiamare un taxi o del cibo da asporto, che sono altre due cose fondamentali.
Quali erano le aspettative che avevi riguardo al viaggio? È andata meglio o peggio di come pensavi?
In generale mi aspettavo un viaggio più complicato perché pensavo ci fossero più barriere architettoniche, invece è andato meglio del previsto perché le barriere non c’erano e non pensavo che gli armeni fossero così inclusivi e attenti.
Addirittura nella lingua armena ci sono due pronomi di terza persona senza genere… Meno schwa e meno asterischi! Ce n’è uno generico, e uno per una terza persona vicina a te. È molto bella questa attenzione anche linguistica, è bello quando senti che parlano di te chiamandoti come una persona vicina a loro.
Immagino che tu da donna, tristemente abituata a sguardi indesiderati o catcalling, un po’ possa capirlo: quando sei sulla sedia a rotelle tutti ti guardano e ricevi sguardi un po’ pietisti dalla gente. Come donna è diverso, ma alla fine non così tanto. Erevan ha una situazione diversa perché ha tanti veterani di guerra infortunati, e quindi penso ci siano più rampe anche per questo motivo, più sensibilità verso la disabilità e meno sguardi fastidiosi.
Cosa vorresti dire a un’altra persona con disabilità motorie che volesse viaggiare in Armenia?
Sicuramente gli/le direi di andare. Capisco che a livello di attivismo etico sia importante dire “vado in posti dove sono accettato, dove posso girare liberamente”, però è anche vero che in posti come l’Armenia hanno un passato particolare, ed è ovvio che al momento non possono essere accessibili come l’Olanda o la Danimarca, ma bisogna dare fiducia alle persone. Capisco che agli altri disabili che stanno leggendo potrebbe non piacere come spunto, ma io ritengo che quando si viaggi, soprattutto in luoghi complessi come l’Armenia, un po’ di adattamento sia necessario, certo rispettando i propri limiti fisici, ma spingendo in avanti quelli etici: in sostanza, secondo me un po’ di sbatti è da mettere nel pacchetto. Capisco che è difficile: passi una vita ad adattarti e a provare ad adattarti. Ma quando fai quello sforzo in cui dici “ah qui c’è un gradino, chiamo il taxi”, o quando stai andando a fare la spesa, c’è un attraversamento pedonale e dopo ci sono delle scale oscene, ma alla fine vedi che facendo un giro dell’oca allucinante con tutta una strada in giù e poi in su, e poi passando da una rampa riesci ad arrivare comunque in cima a quei gradini bruttissimi è bello. È bello quando ce la fai.
A viaggiare così, adattandoti, si creano nuove abitudini. È una cosa che può aiutare anche chi magari è disabile per un breve periodo perché si è fatto male, o chi diventa disabile. Capisco che magari si ha paura perché si è new on the block, però ti rendi conto che queste esperienze “sbatti” possono aiutarti ad affrontare cose che non avresti mai potuto affrontare non rompendo la routine. Quindi capisco che adattarsi sempre e costantemente sia faticoso, ma secondo me è quello che va fatto per poi incontrare persone fantastiche e fare cose pazzesche. È anche figo sentirsi uno dei primi disabili ad aver viaggiato in Armenia, che è un po’ più hardcore della Danimarca. Non è un posto inflazionato per turisti disabili, come la Scandinavia, o tour apposta in carrozzina in giro per New York. Essere pionieri è difficile però è necessario. Oggi credo che nessuno vorrebbe mai volare su un aereo progettato dai fratelli Wright, ma se non ci avessero provato…
Ultima domanda: nuovi posti dove vorresti andare in futuro e perché. Sogni astratti, e poi mete più realistiche.
Se non ci fosse la situazione che c’è ora, vorrei andare in Russia e specificamente in Siberia. È in pianura, c’è la steppa, è più piatta, ma a parte le zecche con l’encefalite giapponese e il freddo estremo che ti spacca le ruote mi piacerebbe, quando si potrà. Poi partiremo insieme in Georgia, spero, questo agosto; mi piacerebbe in momenti più tranquilli andare anche in Karabakh, perché è un pezzo di “Armenia” che mi manca. E sicuramente l’estremo oriente, Cina, Giappone e Corea. L’Asia Centrale anche!
È piatta anche quella!
Ahah, sì, è piatta anche quella! San Francisco è bella, eh, però non molto facile da girare (ride). Sono pochi i posti dove non andrei. Queste mete che ti ho detto intendo che le farei anche in solitaria, mentre con amici penso che andrei dappertutto. In questo momento mi interessa l’Europa dell’Est, che in questo momento purtroppo è un po’ turbolenta. Mi piacerebbero anche i Balcani. Anche se spendendo comunque tanto per i viaggi (il volo deve essere quello, l’hotel deve essere quello etc.) preferisco andare in luoghi più lontani dall’Italia, almeno spendo ma spendo per andare lontano, una volta sola per tutto. Mi piacerebbe tanto la Jacuzia, ma anche il Medio Oriente. In Libano, se si potesse, ma anche darei una chance al Qatar e a Dubai. Penso che a livello culturale sia bello per una persona disabile andare in Medio Oriente.
Dai Luca, direi che l’abbiamo portata a casa. Per il resto come va a Erevan?
Ieri mi sono imbattuto nei fulmini, e per chi è in sedia è un po’ un casino… Sei sempre seduto su una roba di metallo, ahaha, magari prima prende un lampione eh, ma poi prende te! (ride)
Nota finale
Quando Eleonora mi ha proposto di fare quest’intervista ho deciso di accettare per tre motivi fondamentali.
- Dare un riferimento a tutte le persone che vorrebbero affrontare un viaggio in sedia a rotelle in Armenia o anche a chi, più semplicemente, pur con una distorsione a una caviglia, non voglia rinunciare a visitare un luogo meraviglioso come il Caucaso (ogni riferimento a fatti e persone è puramente casuale!).
- Dare il giusto merito a un paese come l’Armenia, troppo spesso etichettato insieme ad altri come fuori mano e di conseguenza anche scomodo (per tutti, figuriamoci per i disabili…).
- Il terzo motivo, forse il più importante, è che vorrei che tutti possano conoscere più da vicino e più a fondo l’Armenia, il popolo armeno e alcuni degli eventi devastanti che ha subito, come il genocidio armeno del 1915, ma anche la guerra in Nagorno Karabakh riesplosa nel 2020. Nella nostra parte di mondo, tristemente, tendiamo a metterli in secondo piano, ma non devono assolutamente essere dimenticati.
Attrezzatura per viaggiare da soli su una sedia a rotelle
Confrontatami con Luca, abbiamo deciso di aggiungere questa appendice all’articolo con alcuni spunti tecnici e molto specifici per incoraggiare altre persone che usano una sedia a rotelle a viaggiare in serenità e a non aver paura di partire, anche in solitaria. Trascrivo di seguito i suoi consigli.
Innanzitutto, una premessa doverosa e ahimè dolorosa: viaggiare in sedia a rotelle costa di più ed è un fatto. Perché gli alloggi devono essere accessibili, i voli devono essere più comodi e con transito in aeroporti con una buona assistenza, il vestiario e l’attrezzatura devono tassativamente essere un po’ più tecnici. È vero, molte cose si possono comprare a prezzo contenuto da Decathlon, ma è comunque meglio puntare su cose più durevoli e tecniche, adatte alle esigenze molto specifiche di una persona su sedia a rotelle.
1. Sedie e ruote aggiuntive.
Prima di partire per una città nuova, è importante studiare bene la mappa della città per capire cosa aspettarsi e adattare la sedia all’ambiente nuovo che troveremo. Per esempio, è utile calcolare la grandezza del centro e il suo raggio: un po’ per allenarsi di conseguenza prima della partenza, un po’ per valutare come spostarsi al meglio. Per esempio, esistono ruote aggiuntive con batteria che possono essere montate sulla sedia, in caso di città grandi o con tante salite. Se dovete andare su terreni dissestati esiste una terza ruota più grande delle ruote davanti che si attacca davanti alla sedia e che è molto utile per migliorare la stabilità ed eventualmente fare piccoli gradini in autonomia. Usate sempre gomme anti perforatura e portate sempre camere ad aria extra. In generale in viaggio vanno bene ruote con un battistrada medio, né troppo pesanti né troppo snelle e basilari.
2. Temperature
Chi usa una sedia a rotelle ha più freddo della media delle altre persone perché muove meno parti del corpo. Se fuori ci sono -14°, preparatevi come per -20°. È davvero facile congelare.
3. Giacca, impermeabile e pantaloni
La giacca è importantissima ed è un accessorio su cui è fondamentale investire. Non deve dare fastidio quando si spinge la sedia e ci si muove, quindi deve essere compatta. Quando la comprate, pensate sempre di doverci mettere sopra un impermeabile in caso di pioggia o neve, visto che non si può usare l’ombrello. Altra cosa fondamentale sono i polsini della giacca, che vanno fatti rinforzare prima di partire perché si consumano tantissimo e si rischia di buttare via una giacca da 200€ dopo una settimana di viaggio. Sembra una sciocchezza, ma vi svolterà il viaggio.
4. Guanti
Usate sempre dei guanti leggeri per spingervi e sempre quelli con le dita. So che molti usano quelli senza dita per poter usare il telefono più facilmente, ma esistono guanti touch che evitano di sporcarsi le mani e avere vesciche anche sulla punta delle dita.
5. Scarponi
So che sembra strano, ma avere degli scarponi è importante anche per chi non cammina. Serve una suola con un bel grip, devono essere larghi per poter mettere un doppio calzino o comunque calze di lana calde (le mie calze della vita sono le SmartWool, ndr), e soprattutto devono assolutamente essere impermeabili. Le ruote grandi e piccole pescano molta acqua quando piove e bagnano tutto, soprattutto i piedi, quindi gli scarponi impermeabili sono fondamentali anche per questo.
6) Attraversamenti
Attenzione perché la gente ti falcia in tutto il mondo allo stesso modo e senza pietà!
7. Valigia e zaino
Gli zaini tecnici per chi usa la sedia a rotelle non vanno bene, perché hanno troppe fettucce e fettuccine e rischiano di incastrarsi nelle ruote. Il bagaglio deve essere stretto, se è troppo largo non non entra nello spazio tra le ruote posteriori e le frena. Allo stesso tempo non deve essere troppo alto perché sennò tocca a terra. La soluzione migliore è un borsone con gli spallacci.
Luca si è reso disponibile a rispondere e chiarire i dubbi di chiunque volesse viaggiare su una sedia a rotelle. Contattatelo senza esitare sul suo profilo Instagram.
A presto!
Eleonora
2 commenti
Serena
Bellissima intervista Eleonora!! È molto bello conoscere qualcosa l’Armenia da un punto di vista particolare, che altrimenti non avrei considerato, e sentire questo feedback molto positivo. Pardelli ha ragione, si può fare tutto. E Luca ne è una grande conferma!
Eleonora
Grazie Serena! È un commento molto importante per noi. Grazie ♥