Le Isole Solovki: monasteri e GULAG sotto il Circolo Polare Artico

Pubblicato il 18 Ottobre 2016

Scritto da Eleonora

Oggi si parla di una cosa davvero pazzesca: tenetevi forte. Ma che dico? Allucinante. Incredibile. Un posto fuori dal mondo per davvero. Lontano da qualunque cosa. E anche bellissimo, fra l’altro. Le isole Solovki (o isole Solovetsky, in traslitterazione scientifica isole Soloveckie) sono un arcipelago del Mar Bianco, in Russia del Nord-Ovest, situato appena sotto la linea del Circolo Polare Artico.

In sostanza, sperdute a Nord, lontano, lontanissimo!

Dove il Mar Glaciale Artico si quieta un po’, protetto dall’immensa Penisola di Kola, e lascia affiorare ciuffi d’erba e zolle di terra coperte da immense forteste, su cui, nel medioevo, qualche fervente ortodosso è andato a fondare un monastero…

Cosa vedere alle isole Solovki

Le isole Solovki sono oggi un importantissimo luogo di pellegrinaggio per i cristiani ortodossi russi: il motivo principale della loro visita, d’estate, è il complesso monastico del XV-XIX sec. protetto dall’UNESCO e il grande numero di chiese minori e cappelle sparse per l’isola. D’inverno, per le condizioni meteo spesso avverse e il mar Bianco ghiacciato, è davvero molto difficile raggiungerle e le isole rimangono perlopiù isolate.

Detto ciò, nonostante le uniche persone che vedrete intorno a voi saranno pie donne infazzolettate e con gonnelloni dalle fantasie démodé, calzette rosa da pieno boom anni ’80, santi monaci col barbone e la tunica nera, o teneri e ignari bambini che accompagnano le nonnine in preghiera, nei monasteri delle Solovki ci sarà certo spazio anche per voi.

Le Solovki hanno anche una natura selvaggia e incontaminata di rara bellezza. Sono dei lembi di terra che emergono da un mare gelido, e che vengono rivestiti di vegetazione vitale in ogni loro centimetro quadrato. Non esistono strade o villaggi, se non nel porto della Baia della Prosperità; nella taigà di pini e abeti cresce un sottobosco di bacche strambe e mirtilli enormi, e la terra è punteggiata di centinaia di laghetti e rigagnoli dove affiorano ninfee e piante acquatiche mai viste.

Se poi volete spenderci più giorni, potete andare a cercare i labirinti di pietre costruiti dai Sami, vecchi di quattromila anni e lasciare l’isola principale.

Piccola storia delle isole Soloveckie

Capre ortodosse giocano a calcio alle Solovki, luglio 2015

La fama delle isole Solovki è legata all’importanza storica e religiosa dei suoi bellissimi monasteri, della loro strenua resistenza agli attacchi della marina britannica nell’ottocento, e al ruolo culturale svolto in ogni momento cruciale della storia russa. Ma certo!

Quello che è però difficile notare, nel revival religioso che sta vivendo oggi la Russia post-sovietica, è il segno lasciato dal ventennio in cui le isole Solovki sono state scelte per testare il primo esperimento di GULag e per fungere da prigione. Sotto Lenin, nel 1923, e sotto Stalin poi.

È in questo luogo, servito dalla ferrovia di Murmansk e da cui era semplicemente impossibile scappare, dove la natura e i molti mesi di rigido inverno bastavano già a costituire una sufficiente punizione per i prigionieri, l’URSS ha deciso di confinare i dissidenti politici, il clero ortodosso e cattolico, molti stranieri e poi controrivoluzionari.

Dalle isole Solovki soltanto è passato più di un milione di prigionieri. Un quarto di questi è morto di fame, di freddo o fucilato in una delle stragi notturne, seppellendole in fosse comuni o nelle mura del monastero.

Le isole Solovki sono anche famose per aver fornito la manodopera schiava che ha costruito un’opera ambientale colossale: il canale che collega il mar Baltico al mar Bianco, lungo 250km e scavato dai prigionieri del Gulag.

La storia del Belomorkanal è straordinaria e ingiustamente sconosciuta. Ci abbiamo dedicato una parte del nostro podcast Cemento, alla puntata 02.01, Fallimenti. Secondo me dovreste davvero ascoltarla.

Negli anni ’30 Stalin promosse la visita di personalità famose (come il celeberrimo scritto Maksim Gor’kij) e anche la produzione di un documentario sui sistemi rieducativi per i ladri, i pazzi e i delinquenti detenuti alle Solovki. I prigionieri erano in realtà intellettuali, studenti, uomini di cultura e dissidenti politici: la perdita umana delle isole Solovki è stata anche una grande perdita culturale. Nel documentario si inscenarono gare sportive, bagni in mare, chiacchiere tra i prigionieri ed educazione musicale. Per la verità, attività culturali nel campo esistevano veramente, ma vedere questo documentario è comunque doloroso e molto lontano dalla realtà raccontata dai sopravvissuti.

Il documentario è disponibile per intero su YouTube, in russo, ed è del 1928.

Oggi molte strutture dell’ex GULag stanno venendo smantellate, e non ci sono ruderi evidenti del campo di concentramento. Il vento gelido che soffia da Nord, il mare che ghiaccia già a metà settembre – quelli sì, però, sono gli stessi.

Come raggiungere le Isole Solovki

Raggiungere le isole è la sfida più eccitante e difficile da superare. Dei piccoli aerei settimanali lasciano la città di Arcangelo e atterrano sull’isola maggiore, ma i prezzi non sono abbordabili e c’è un alto rischio che vengano soppressi per via del cattivo tempo.

I treni della linea per Murmansk invece fermano a Kem’ e a Belomorsk, da cui partono due linee di traghetti passeggeri per le isole Solovki.

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Le barche in realtà non partono da Kem’ ma dal paese di fianco, Rabocheostrovsk: è comunque possibile fare il tragitto a piedi (o anche in autostop come abbiamo fatto noi, la gente è cordiale), non è vicino ma è una piacevole passeggiata nel bosco di una decina di km. Altrimenti fermate un pullman o autobus a caso fuori dalla stazione e chiedetegli di Rabocheostrovsk, vi ci porteranno per circa 1-2€.

Gli orari dei traghetti per le Solovki sono sempre gli stessi:

Andata Kem > Solovki alle 8.00 e alle 12.30
Ritorno Solovki > Kem’ alle 16.00 e alle 18.00

Presentatevi al porticciolo di Kem’ un po’ prima della partenza e comprate i biglietti dal ragazzo della barca. Il biglietto di sola andata costa 2000rub (aggiornato 2015), ma è l’unico modo (e il più economico) di raggiungere le isole. Il viaggio dura due ore piene e… occhio a non vomitare se c’è mare mosso!

Alcuni viaggiatori dicono che alle 7 di mattina ci siano delle barche del monastero che vanno alle isole Solovki da Rabocheostrovsk allo stesso prezzo delle barche private.

Come abbiamo fatto noi a raggiungere le isole Soloveckie

Da San Pietroburgo (raggiunta in pullman dalla Finlandia, prima che Ryanair chiudesse la tratta Milano Bergamo – Lappeenranta) abbiamo preso il treno notturno 022Ч delle 19.48 per Murmansk, terza classe, e siamo scesi a Kem’ alle 10.55. Mettetevi una sveglia perché il treno ferma solo per un minuto, dovete essere pronti a scattare con i bagagli già fatti!

Anche se, se il provodnik o la provodnitsa sono bravi, dovrebbero venire ad avvisarvi una ventina di minuti prima di arrivare. Abbiamo preso un pullman per Rabocheostrovsk e abbiamo gironzolato per il paesino aspettando la barca delle 12.30.

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Due ore tra le più divertenti della mia vita: ho fatto chiacchiere nonsense-esilaranti con un gruppo di pellegrine della regione di Leningrado. Una signora di SPB sapeva l’inglese e le altre vecchiette pellegrine si sono messe in coda per farmi le domande più allucinanti! Ero la prima straniera che conoscevano nella loro vita e mi hanno chiesto da quanto si prende di pensione in Italia a com’è il mio fidanzato, quando intendo sposarmi o far figli (“Mi raccomando, presto! Ché stai già invecchiando!”, dicevano loro…), com’è il clima in Italia, cosa mangiamo di solito, a che età si sposano gli italiani… Insomma, tutto! E, a parte la sciura cosmopolita, non conoscevano Milano. Onesto.

Le ho salutate di cuore, tra i soliti abbracci strappalacrime, baci, do svidanija devuska, dolcetti, promesse di amore eterno in un tomo di ottocento pagine e altre cose squisitamente alla russa.

Sulla strada per il monastero, abbiamo trovato un baracchino affitta-bici e abbiamo iniziato ad esplorare l’isola principale su due ruote: fantastico! La bicicletta è il mezzo migliore (e forse l’unico disponibile) per spostarsi velocemente sulle isole. Siamo andati in direzione nord e abbiamo esplorato laghetti, boschi e piccole cappelle, oltre che il paese principale intorno al monastero.

Nota importante: le strade sono tutte sterrate e hanno buche molto profonde, c’è davvero da stare molto attenti perché si rischia di farsi male e di rompere la bici. A tratti la strada era così sconnessa che bisognava scendere e portare la bici a piedi (per capirci: le mie skills di ciclista sono al livello “milanese imbruttita-kamikaze che passa col rosso nel traffico del mattino”) per superare quelle buche enormi. Tenetene conto e studiatevi un itinerario chiedendo consigli ai ragazzi del baracchino (sulla strada tra il porto e il monastero, lo vedete di sicuro anche perché c’è solo quello).

isole solovki solovetsky russia

Finite le tre ore di giro in bici abbiamo esplorato il monastero, giocato a calcio con le capre e gironzolato tra le catapecchie e dacie intorno alla baia, sempre circondati da pellegrini indaffaratissimi e di corsa, gonne fucsia a fiori, scarponi da montagna contro il fango, bambini che giocavano in mezzo ai rottami e un po’ di sano squallore disordinato post-sovietico.

Abbiamo preso la barca delle 19. Arrivati all’ora del tramonto a Rabocheostrovsk, sotto l’acqua, abbiamo perso l’ultimo autobus. Nel frattempo abbiamo depredato un baracchino-supermercato, l’unico del paesino, che non vendeva molto più che birra, vodka, patatine e pane: una tragedia per degli italiani affamati… Ritornati alla fermata, è iniziato a diluviare e non c’era neanche una tettoia nel giro di 10km. La temperatura è precipitata pericolosamente verso lo zero e stavamo davvero congelando.

Dopo un quarto d’ora di disperazione, due turisti tedeschi decidono di chiamare un taxi, l’unico dei due paesini, e di chiedergli di fare la spola fino alla stazione dei treni. Organizzano arbitrariamente una fila di cui loro sono i primi e studiano una suddivisione intelligente delle 15 persone che gravitavano intorno a quel palo bagnato di fermata.

Il mio criceto cerebrale ha iniziato a calcolare che, dato che noi eravamo gli ultimi della fila, con dieci minuti ad andare e dieci a tornare, avremmo dovuto aspettare come minimo 40 minuti: che, tradotto in gergo painderoutiano, significa “col cavolo, vado in autostop“.

Non faccio in tempo a metabolizzare il concetto che passa una macchina. D’istinto, faccio un passo in avanti e tiro fuoi il pollice: la macchina si ferma.

– Ciao, voi! Ciao, sentite, per caso andate alla stazione dei treni? Vokzal, vokzal?
Vokzal? Da.
– *sorriso tenero e cuccioloso più mani in preghiera e versetti idioti tipo ‘daaaai’
– *sorriso più qualcosa in russo che probabilmente significava ‘okay, saltate su!’

Mi giro, guardo i tedeschi. Allibiti, sconvolti: faccio spallucce e salgo in macchina. Auf wiedersehen!

Ore dopo, li abbiamo rivisti in stazione a Kem’, anche loro ad aspettare un treno. Ed è stata in quella stazione, orrida, puzzolente e coi bagni più caccadroga che abbia mai visto al mondo (sembravano quello di Trainspotting, se avete una vaga idea, e giuro che non esagero), dove ci siamo divisi ad orari a caso della notte.

Io, con un’altra notte in treno in direzione Nord, per valicare il Circolo Polare Artico una volta per tutte e raggiungere Murmansk, la città eroina, di tundra e scheletri di balena, periferie sovietiche ed estrazione metallurgica. Dormendo per la prima volta in treno da sola, attraversando quei piccoli villaggi tra paesaggi splendidi che portano il nome del minerale, del metallo o della pietra che vi si estrae: Nickel, o Apatity…

Gli altri due viaggiatori, sempre in treno: destinazione San Pietroburgo

Di Russia, negli anni dopo, ho scritto moltissimo, specie dopo averci fatto un Erasmus. Trovi tutti gli articoli ordinati in questo archivio.

A presto!
Ele

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