Nell’estate 2021 non si poteva andare lontano, eppure sono riuscita a riscoprire terre stupende in un modo diverso. Ho accompagnato un viaggio nelle repubbliche baltiche che si è rivelato intensissimo e molto più variegato di quello che ci si può aspettare. L’itinerario è stato disegnato da Soviet Tours, con cui collaboro dal 2019, e si è focalizzato sulle zone meno battute e valorizzate di Estonia, Lettonia e Lituania, come sempre alla ricerca delle minoranze etniche e sul patrimonio sovietico. È questo il taglio che diamo ai nostri viaggi di gruppo creati insieme.
È stato un viaggio che mi ha aperto gli occhi su regioni in Unione Europea di cui avevo completamente tralasciato una fetta enorme di territori, di storia, di popolazione. Tornare ad abbracciarli in maniera più ampia è stato bellissimo. Siamo partiti da Vilnius e abbiamo concluso il giro a Tallinn, seguendo in itinerario sinuoso: da Vilnius alla costa, poi a nord in Lettonia verso Riga, poi nel sud ovest dell’Estonia e poi nel nord est, fino a Tallinn. Tutti i luoghi elencati sono in ordine in questo senso.
Una fonte di conoscenza e ispirazione per questo ritorno a nord è stato il libro Anime Baltiche di Jan Brokken, che vi consiglio con tutto il cuore di leggere prima di partire. Si tratta di una raccolta di storie bizzarre legate a luoghi specifici tra Estonia, Lettonia e Lituania, ma che creano una sinfonia perfetta di tutte le migliaia di voci che si sono intrecciate nella storia di questi tre Paesi molto diversi tra loro, ma con alcune radici comuni. I protagonisti spesso sono vecchi ebrei, nobili tedeschi, famiglie di campagna con origini russe, polacche, o grandi personalità estoni, lettoni, lituane. È una conferma appagante che sì, queste zone sono sempre state ibride e per questo straordinarie.
Un altro filo conduttore che vi consiglio di seguire è quello della musica, un elemento identitario fondamentale per tutti e tre i popoli, che non a caso hanno espresso il loro desiderio di indipendenza nei primi anni ’90 con una catena umana lunghissima, da Vilnius a Tallinn, chiamata rivoluzione cantata. Nel post ho inserito qualche suggerimento di ascolto 😉
Buona lettura!
Lituania
Del nostro itinerario nelle Repubbliche Baltiche la Lituania è stata un po’ sacrificata. In meno di 2 settimane non si può vedere tutto e noi avevamo davvero tanta carne al fuoco. Ci siamo di fatto limitati a Vilnius, Kaunas e dintorni, e costa, tra Penisola Curlandese e Palanga. La Lituania invece è un paese estremamente bello e sottovalutato, dalla cultura preziosa – a cominciare dalla lingua, estremamente conservativa dell’indeuropeo, messa per iscritto solo nel XVI secolo. Vilnius è una capitale che, a differenza di Riga e Tallinn, ha talmente l’aria di un grande paese (pur non essendolo) che si avvicina allo spirito libero delle città più piccole e dei paesini di campagna lituani. È una città che riserva tante sorprese e che merita più giorni di esplorazione. Di cose da vedere in Lituania ce ne sono davvero molte altre. Senz’altro tornerò, magari per esplorare le zone orientali.
Vilnius
Vilnius era una città che mi aveva già sorpresa nel 2015, quando l’avevo visitata durante il mio primissimo viaggio in solitaria, in un già tiepido fine febbraio. Tornarci in piena estate è stato entusiasmante. Quella luce delle sere d’estate e l’euforia che si respira nelle strade, nelle birrerie, sul lungofiume e nei parchi è contagiosa. La città è praticamente un grande giardino, dove colli boscosi regalano splendide viste su un centro storico interamente barocco, di rara bellezza. Anche se oggi è la capitale della Lituania, Vilnius è una città dal passato impressionantemente multiculturale e che ha visto cambiare più e più volte il tessuto sociale e etnico della città. Forse è questo suo essere così inafferrabile e serpentina, e al contempo così genuina, a renderla irresistibile.
OItre alle classiche attrazioni del centro storico e alla verdissima collina delle Tre croci, da cui c’è un panorama splendido sulla città, visitate anche la bizzarra repubblica autoproclamata degli artisti di Užupis e il quartiere di Žvėrynas, che mi era piaciuto tantissimo: ci sono splendide case in legno in stile baltico di inizio ‘900 e la sinagoga caraita di Vilnius (vedi alla voce Trakai), oltre a qualche chiesa ortodossa (cosa non così comune nella cattolicissima Lituania). Da lì, un ponte pedonale conduce al Vingio parkas, un vero bosco in città, per riossigenare i polmoni.
Per chi cerca il patrimonio architettonico sovietico, Vilnius nasconde più cimeli di quello che sembra. Davvero molto bello è il cimitero dedicato ai caduti sovietici dell’Armata rossa.
Uscire a prendere una birra in centro è credo un must, per assaporare l’atmosfera spensierata e universitaria della città. Noi siamo andati al Būsi trečias, un’istituzione. Il nome significa “sarai il terzo”, ed è un riferimento a quando ai tempi sovietici si cercava un terzo per dividere un litro di vodka!
Trakai
A Trakai, nel 2015, vidi il mio primo lago ghiacciato e i pescatori che scavavano un buco sulla superficie e si mettevano seduti su uno sgabellino, lì di fianco, a pescare in tranquillità. La visione del castello in mattoni rossi mi era sembrata celestiale. Negli anni ho poi rivalutato l’intera penisola: benché turistica, è un luogo di straordinaria importanza per la comunità tatara e caraita sparsa in diversi Paesi europei. Con la propria sinagoga a tre finestre, case e cibi tradizionali (di chiara discendenza tatara), a Trakai le poche centinaia di caraiti rimasti mantengono viva la propria cultura. I caraiti sono un popolo di probabile origine tatara convertito all’ebraismo, anche se la questione è ancora estremamente dibattuta: chi li vuole di origine ebraica di Crimea, chi tatara convertita al caraismo, chi turca convertita all’ebraismo, chi ancora eredi dei leggendari chazari, popolo delle steppe della Russia meridionale svanito nella storia senza lasciare tracce. Se volete farvi suggestionare ancora di più, ho letto il Dizionario dei Chazari scritto da Milorad Pavić, uno dei più grandi studiosi e scrittori serbi. Una mia recensione del libro è qui.
Kaunas
La seconda città della Lituania è davvero molto interessante. Il piccolo centro storico sorge sulla confluenza dei fiumi Nemunas e Neris, che di fatto collegano Kaunas, e quindi Vilnius, al Mar Baltico. La posizione strategica ha portato l’impero russo a fortificare in maniera estensiva tutta l’area circostante alla città negli anni ’80 dell’800, quando i territori intorno a Kaunas erano la vera e propria frontiera dell’Impero russo con la Prussia. Di queste batterie e forti, la più scenografica è senz’altro il IX Forte, su cui sorge un colossale e toccante memoriale sovietico dedicato alle vittime delle stragi naziste. Il IX Forte, infatti, durante l’occupazione nazista della Lituania divenne una stazione di transito verso i campi di concentramento e luogo di innumerevoli stragi. È uno dei monumenti più straordinari, potenti e toccanti che abbia mai visto.
Penisola curlandese
Finalmente l’anno scorso sono riuscita a visitare anche questo assurdo lembo di terra, che oltre ad essere di una bellezza naturalistica strepitosa, è anche una frontiera caldissima con la Federazione russa. Questo tipo di ambiente con una laguna divisa da una striscia sottilissima di terra prima del mare aperto si trova anche sulla costa baltica della Polonia – molti anni fa avevo visitato le splendide dune bianche del Parco nazionale di Słowiński, che mi era piaciuto moltissimo. La penisola curlandese lituana ha delle somiglianze e delle differenze, ma rimane un luogo con un’atmosfera irripetibile. Si raggiunge con un brevissimo tratto di traghetto da Klaipėda, la più grande città costiera della Lituania. D’estate è gettonatissima tra i lituani e non è raro trovare tutte le strutture al completo e le strade di Nida, la cittadina principale, che pullulano di gente. Le giornate sono infinite, e la luce dei tramonti del nord che si riverbera sulla superficie d’acqua è qualcosa di indimenticabile.
Lungo tutta la penisola ci sono tante cose diverse da fare. Oltre a gironzolare per Nida e a percorrere la penisola in bicicletta, assolutamente da vedere è la Mirties slėnis, la valle della morte, una distesa di dune dorate a perdita d’occhio fino alla frontiera con la Russia. Metà dell’effettiva penisola curlandese appartiene all’exclave russa di Kaliningrad, separata dal resto del Paese da una parte di Lituania prima e di Bielorussia poi. Anche per la penisola curlandese, più tempo ci si sta, meglio è. È un luogo meraviglioso e rilassantissimo, tutto da esplorare: di qua la laguna, di là il mare aperto, dove dune intatte si alternano a splendide foreste di pini profumati.
Palanga
La piccola Palanga condivide la stessa atmosfera fin de siècle della sua vicina Liepaja, in Lettonia, leggermente in minore. È una città che abbiamo visitato solo di passaggio, ma che mi è sembrata davvero molto piacevole. Splendido il Museo dell’Ambra (Gintaro muziejus), che merita assolutamente una visita – mondo che completamente ignoravo, ma che è tremendamente interessante e che racconta moltissimo della storia della regione attraverso migliaia, quando non milioni di anni.
Itinerario nelle repubbliche baltiche: Lettonia
Tutta la Lettonia è stata una completa riscoperta, in questo viaggio nelle repubbliche baltiche. Dalla lingua scritta che in qualche modo mi suonava familiare – il balto-slavo, da cui deriva il lettone, condivide alcune radici con il russo – alla gentilezza dei suoi abitanti, fino a paesaggi molto vari e paesini tanto sperduti quanto autentici e ancora vivi. Dalle lunghissime spiagge bianche dell’ovest, alle eleganti ville di legno alle porte di Riga, fino a monumenti sovietici di grande impatto, la Lettonia si è rivelata molto più sfaccettata di quello che ci aspettavamo e, nonostante Riga sia una grande e bella città, c’è tantissimo da fare e da vedere anche nel resto della Lettonia. L’itinerario che abbiamo seguito era di transito e abbiamo per forza di cose dovuto escludere alcune aree che si trovavano troppo fuori mano rispetto alla direttrice nord-sud che collega la costa lituana con Pärnu, in Estonia.
Liepaja
Liepaja ha un nome stupendo, il mio preferito tra tutte le città visitate in questo itinerario nelle repubbliche baltiche. Liepa è una parola lettone che ha radici nel balto-slavo, e significa tiglio, così come in lituano líepa e nelle lingue slave lipa e simili. Liepaja è quindi la città dei tigli, un’elegante cittadina costiera dalla spiaggia bianchissima e selvaggia, un centro curato e pieno di belle case in legno, teatri, musei e bei parchi. È stata un meraviglioso e accogliente benvenuto in Lettonia. Ho adorato il monumento ai marinai e pescatori persi in mare, davvero toccante, e la sua vita tranquilla da centro culturale ma anche da città di mare e di vacanza.
La parte più rock della città è però Karosta, al di là del fiume, famosa per le fortificazioni zariste frangiflutti a nord della città (Northern forts) – batterie che si sbriciolano in mare, sotto la forza delle onde del mare aperto. Un luogo semplicemente mozzafiato, che non dovreste perdere. Difficile girarle da soli senza una bici o una macchina. Già che ci siete, girate anche nella cittadina di Karosta: edifici militari zaristi si affiancano a condomini sovietici costruiti per la marina. In mezzo a una pianta urbana regolare, una splendida e immensa chiesa ortodossa russa dalle cupole d’oro, che crea un contrasto incredibile. Ovviamente dedicata a San Nicola dei Marinai. Ancora più a nord, c’è un memoriale dedicato agli ebrei vittime del nazismo.
Kuldiga e Tukums
Kuldiga è stato amore a prima vista. Cittadina lettone perfettamente intatta e dall’atmosfera d’altri tempi, famosa per una cascata bassissima e larghissima, che vanta il bizzarro primato della più larga d’Europa, la Ventas Rumba. L’intera cittadina è deliziosa, con splendide chiesette e case in legno restaurate con cura.
Credo sia anche il posto dove abbiamo dormito e mangiato meglio in tutto il viaggio. La guesthouse si chiamava 2 Baloži (2 piccioni) ed era dentro una vecchissima casa in legno – dall’esterno decadente, dall’interno arredata benissimo. Il ristorante invece aveva la vista sulla cascata ed era semplicemente strepitoso: Bangert’s. Cena indimenticabile.
Da Kuldiga siamo partiti per Tukums, un piccolo e adorabile paesino lettone alle porte di Riga. Niente in particolare da vedere, ma era proprio carino.
Jurmala
Dopo averla visitata d’inverno, il Baltico ghiacciato a scaglie e la spiaggia deserta, Jurmala d’estate mi è sembrata stupenda. La spiaggia libera e accessibile a tutti, la pineta sconfinata, la profusione di lussuosissime ville in legno dalle torri ardite e architetture eclettiche, ma anche gli immensi sanatori immersi nella pineta con vista mare, che rendevano la costa di Riga uno dei litorali più rinomati delle vacanze sovietiche. Presa d’assalto d’estate, ma luogo perfetto per un po’ di sano people watching.
Dei sanatori di Riga abbiamo parlato nella puntata del podcast Cemento Sanatori.
Riga
Riga è una città che ho impiegato anni ad apprezzare. Qualcuno, ai tempi, l’aveva definita la Milano del Baltico e per quanto io odi con tutto il cuore queste etichette che devono sempre rimandare a qualcosa di altro, l’averla bollata come la mia città me l’aveva automaticamente resa meno speciale. La parte che mi aveva fatto scattare la scintilla era stato il quartiere ex malfamato di Maskavas Forštate, di cui avevo scritto un articolo. Chiese dalle architetture bizzarre, tra cui una dei vecchi credenti, mercatini delle pulci e l’Accademia delle Scienze ispirata alle Sette Sorelle di Mosca… Quel quartiere di Riga era stato il primo incontro con il mondo russo vero, anche se fuori dalla Russia. Perché ad abitare nel quartiere erano, e sono, ancora soprattutto russofoni.
A Riga c’è molto, molto di più. È una grande città, dinamica e agguerrita. Il centro storico medievale è un po’ troppo ristrutturato, ma esteticamente appagante e pieno di angolini romanticissimi e arditi campanili slanciati verso il cielo. A Nord del centro, c’è un’area della città che pullula di edifici art nouveau semplicemente mozzafiato. Bisogna svicolare un po’ per non limitarsi ai due o tre più in vista e un po’ troppo restaurati, e buttare l’occhio anche nei cortili e negli androni delle case. Molti sono dei veri capolavori.
A Riga c’è anche tanto patrimonio sovietico, anche se è recentissima la notizia che, a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina, demoliranno il memoriale ai liberatori della Lettonia sovietica dagli invasori tedeschi fascisti, così dice il nome. È un enorme monumento appena oltre il ponte e la mastodontica biblioteca nazionale lettone.
Se nel vostro itinerario nelle repubbliche baltiche avete tempo, fate assolutamente una visita al sito dell’ex campo di concentramento nazista di Salaspils – impressionante e toccante. Le sculture in mezzo a un enorme spazio vuoto sono tra le più evocative e drammatiche che abbia mai visto, ma l’intero museo, gratuito, lo è.
Ripartendo da Riga, abbiamo tirato dritto fino in Estonia. Nel 2015, mi ero fermata a visitare l’area del parco nazionale del Gauja intorno a Sigulda e Cesis, molto bella e punteggiata di castelli diroccati.
Se avessimo avuto più tempo nel nostro itinerario in Lettonia
Grandi assenti in questo itinerario: Jan Brokken in Anime Baltiche descrive talmente magistralmente il sontuoso palazzo di Rundāle del Duca di Curlandia (1738-1740), realizzato da Bartolomeo Rastrelli – architetto bergamasco in Russia noto come il nome di punta dell’architettura pietroburghese dell’epoca, nonché autore del progetto del Palazzo d’Inverno – che mi ha messo una voglia assurda di visitarlo.
Anche il palazzo di Stāmeriena, o Stomersee, dev’essere molto bello. Per noi è speciale in quanto vi visse Giuseppe Tomasi di Lampedusa, che aveva sposato nel 1932 la psicoanalista Alexandra von Wolff-Stomersee, erede della casata.
Per me, grave mancanza anche il memoriale dedicato a Viktor Tsoi, leader dei Kino e icona rock sovietica, che morì in Lettonia nei pressi di Tukums in un incidente d’auto il 15 agosto 1990. Se non lo conoscete, non sapete cosa vi state perdendo: iniziate ad ascoltare da qui.
Estonia
Delle tre repubbliche, l’Estonia è stata senz’altro quella che abbiamo privilegiato di più, uscendo decisamente fuori dal seminato e focalizzandoci soprattutto sulle regioni orientali, dove vive la minoranza russofona (e non solo) del Paese. Di cose da vedere in Estonia ce ne sono davvero moltissime e questo itinerario è per forza di cose una selezione, anche se piuttosto ricca. Come anche per le altre repubbliche, ci siamo concentrati sul patrimonio architettonico sovietico, sulle minoranze etnico-religiose o linguistiche e su alcuni dei paesaggi più insoliti che il Paese offre.
La musica estone è anche straordinaria. Ai tempi mi ero innamorata di Reet Hendriksson, una Joni Mitchell estone in esilio. Anche Velly Joonas è un’icona dell’Estonia sovietica. Per il punk, iniziate da Tere perestroika.
Ho deciso di separare la parte di itinerario estone in un articolo diverso e più approfondito, che trovi qui:
Pärnu e l’isola di Kihnu
Piccola cittadina del sud dell’Estonia e porta d’ingresso del Paese per chi proviene dalla Lettonia. Non ha grandi attrattive se non la lunga spiaggia dorata, molto bella e pulita, circondata da pinete freschissime. D’estate è una meta abbastanza gettonata. Da vicino a Pärnu si può anche prendere un traghetto per Kihnu, una delle isole più bizzarre dell’Estonia famosa per l’emancipazione femminile e la straordinaria conservazione delle tradizioni, che non hanno niente a che vedere con le colleghe del nord – Saaremaa, Hiiumaa e le altre migliaia di piccoli isolotti.
Viljandi
Tappa intermedia tra Pärnu e Tartu, è una splendida cittadina collinare devota alla musica, che sta guadagnando sempre più popolarità per gli estoni che cercano un’estate tranquilla. Atmosfera romantica, zero turisti, festival folk pazzeschi e dolci colline. Per me una tappa fantastica.
Da Viljandi nasce una spinta fortissima alla conservazione e rivitalizzazione del regisong, la canzone tradizionale estone, che, benché incomprensibile, è universale. Ascoltate questo podcast che spiega il senso ancestrale dietro alcune canzoni, oppure semplicemente salvatevi la playlist Spotify del Viljandi Folk Music Festival.
Tartu e il Lago Peipus
Seconda città dell’Estonia e sede di una storica e importante università, anche Tartu è piena di sorprese. Dalle birrerie indipendenti al piccolo centro a misura d’uomo, fino alla storia delle creazioni geniali dei grandi personaggi che hanno studiato e insegnato nella sua università. Meno scontata rispetto a Tallinn e più da esplorare indipendentemente, ma non mancano angolini memorabili.
Narva e l’Estonia orientale, a maggioranza russofona
Tutta la zona dell’Estonia orientale, e in particolare quella nord-orientale, è a stragrande maggioranza russofona. La situazione etnica nei Paesi Baltici è veramente complessa, così come lo è la gestione dei passaporti e delle cittadinanze delle centinaia di migliaia di persone sovietiche (no, non solo russe) che sono nate in quelle che erano le repubbliche baltiche sovietiche ma non discendono da baltici nati lì prima del 1944. È una questione spinosa e di cui si parla poco, che ci riguarda tutti: l’Estonia è Unione Europea. Ne abbiamo parlato nella puntata di Cemento Passaporti Grigi, che vi consiglio caldamente di ascoltare per inquadrare la questione.
Visitare Narva, Sillamäe, Kohtla-Järve apre gli occhi su un’Estonia completamente diversa dal centro patinato di Tallinn, ma che pesa molto all’interno del Paese, per quanto piccolo.
Il parco nazionale di Lahemaa
Giustamente uno degli highlights su cosa vedere in Estonia, grande e celebrato parco popolato da pini altissimi su penisole frastagliate, punteggiate da decine di isolette verdi. È un luogo dove rilassarsi in spiaggia in una giornata calda, o da esplorare in bicicletta alla scoperta di piccoli musei e boschi incontaminati.
Tallinn
Grande e celebrata capitale del Paese, offre davvero tanto e per tutti i gusti. Da un centro medievale accuratamente restaurato e ricco di fascino, a quartieri ex industriali invasi di murales e negozietti hipster, fino a mastodontici capolavori architettonici sovietici – dal Linnahall, costruito per le olimpiadi di Mosca del 1980 (alcune competizioni si erano svolte a Tallinn) al mercato centrale, fino al toccante memoriale e mausoleo di Maarjamäe, posto su una collina lungo il mare affacciata sulla città, e che è decisamente una visita da non perdere.
Fuori Tallinn, verso ovest, un giorno vorrei tornare per visitare anche l’Arvo Pärt Center, un luogo sensazionale per immergersi nella musica di Arvo Pärt, uno dei più grandi compositori estoni, nonché interprete del cuore della nazione. Sul loro sito, scrivono “We are open to anyone interested in Arvo Pärt’s music and world of ideas”. Anche qui, Jan Brokken racconta magistralmente la sua storia in Anime Baltiche, libro che consiglio con tutto il cuore per avvicinare il misterioso e intangibile spirito baltico.
Libri consigliati nel post: Anime Baltiche di Jan Brokken
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