Non mi crederete, ma lo dico lo stesso: Kiev (Kyiv in ucraino, Kiev è in russo) è una città antica e affascinante, con un bel po’ di roba interessante da cacciare. Nessun turista, molto economica, inesplorata: per me, un paradiso, perfetto da godersi in solitaria. Ma che rimanga tra noi!
La mia prima mattina in Ucraina l’ho spesa nella zona del Pecherska Lavra, a Sud del centro di Kiev; molto boscosa e in cima a una collina che cala a strapiombo sul fiume, da cui si vede la vastità del Dnipro e le sue molte isole verdi, la bellezza lucente delle cupole dei monasteri e la distesa piatta di casermoni ad Est del fiume.
Su quella collina sorge un complesso di monasteri enorme, patrimonio UNESCO. Proprio di fianco c’è un altro mega complesso di monumenti sovietici in memoria della II Guerra Mondiale. E poco più a nord sta una piccola bambina, magrissima, a ricordare la più grande strage mai compiuta dai sovietici: i milioni di ucraini fatti morire di fame, l’Holodomor.
Pecherska Lavra, il primo monastero di Kiev
Pecherska Lavra significa letteralmente Monastero (lavra) delle Grotte (pecherska).
Nel 1057 un tizio di nome Antonio il Venerabile decide di allontanarsi dall’insostenibile frenesia del mondo di allora: sceglie la collina sul lato sinistro dell’immenso fiume Dnipro e inizia a scavare una grotta dove vivere in meditazione solitaria. Ben presto, però, altri monaci seguono il suo esempio e l’insieme di grotte diventa una specie di labirinto sotterraneo fatto di piccolissimi cunicoli. Sorgono le prime chiese di legno proprio sopra l’ingresso delle grotte, e Antonio sente il bisogno di scavare un secondo complesso di cunicoli, un po’ più in alto sulla collina, e di trasferircisi, visto che il primo complesso era diventato troppo mondano per i suoi gusti.
In pochi anni, la fratellanza di eremiti delle grotte diventa molto popolare e inizia ad ospitare più di cento monaci. E’ il momento di renderla un grande complesso monastico: ci pensa un tale di nome Teodosio, che, per fare un lavoro fatto bene, manda in avanscoperta da Kiev a Costantinopoli un monaco fidato, perché impari come fondare un monastero e come organizzarlo. Nasce così il Monastero delle Grotte, il primo monastero di Kiev, che cresce e diventa un centro di cruciale importanza culturale e religiosa per tutto il mondo ortodosso. A inizio ‘700, però, un incendio devasta gran parte del complesso, che viene quindi ricostruito in stile tardo barocco. Sorgono nuove cappelle, una cinta muraria, un’immensa torre campanaria, varie chiese e la rete di cunicoli si amplia sempre di più: al suo interno vengono ricavate alcune piccole cappelle, dove gli eremiti più santi vengono imbalsamati e sepolti.
I monaci del Lavra credevano che i corpi degli eremiti che dopo tre anni non si erano ancora decomposti fossero santi, e per questo motivo conservavano e veneravano le loro mummie. La fama delle grotte arriva fino all’Ovest, e vari viaggiatori e pellegrini si spingono fino a Kiev per visitarle. Rimangono tutti folgorati dal labirinto e dalle mummie del Lavra: mercanti italiani di fine ‘500 parlano di cunicoli lunghi 80 miglia; un polacco giura addirittura che quelle catacombe portassero fino a Mosca e Novgorod! Leggende infondate, che però rendono bene lo stupore di chi si addentra per quei minuscoli e lunghissimi cunicoli bui, facendosi strada tra mummie di vecchi eremiti, icone spettrali e piccole e lugubri cappelle scavate nella roccia.
Dopo varie ristrutturazioni e ampliamenti, arriviamo al Pecherska Lavra dell’età contemporanea: un complesso di monasteri Superiore, costruito sulle Grotte Vicine (più recenti), lunghe 400m, larghe 1m e alte 2m, e uno Inferiore, costruito sulle Grotte Lontane, lunghe 300m. Lo splendore del Lavra viene però spazzato via dal vento della Rivoluzione d’Ottobre: saranno gli archeologi e gli storici sovietici a demolire le leggende sulla santità delle mummie. Secondo questi, infatti, i corpi si sono conservati per le particolari condizioni di umidità delle grotte. Cacciati i monaci, il Lavra diventerà un Museo dell’Ateismo, attivo in una propaganda soviet-style.
Altri spunti e cose belle per approfondire: il Coro Polifonico del Pecherska Lavra, per entrare nell’atmosfera; e ancora i disegni degli allievi della scuola del Lavra del 1700. Non erano delle cime ma avevano molta fantasia!
Come visitare il Pecherska Lavra di Kiev
Visitare il Lavra non è così semplice: studiate bene la mappa qui sopra. Poche informazioni, pochi cartelli e un po’ di confusione generale dovuta all’immenso viavai dei pellegrini non aiutano: il Lavra Inferiore, dove stanno le grotte, è gratuito; il Lavra Superiore ha un biglietto d’ingresso molto economico. In generale, il consiglio che vi do è: fate quello che fanno i pellegrini. Vedrete le parti più emozionanti e vi divertirete moltissimo.
La maggior parte degli edifici del complesso non sono di grande interesse per i non addetti ai lavori. Vi consiglio quindi di fare una passeggiata nel parco del Lavra Inferiore, tra le piccole cappelle circondate da nonnine infazzolettate, pope barbuti e giovani devote che portano fiori e candeline. Nella parte alta del Lavra Inferiore, poi, andate in esplorazione dei cunicoli: mettetevi in coda insieme agli altri pellegrini e comprate una candelina dalla signora delle icone. Le grotte non sono illuminate, senza candelina rischiate davvero di farvi male!
Seguite i pellegrini e cercate di mescolarvi a loro nella lunga fila che cammina nelle catacombe: la parte accessibile ai turisti è veramente limitata, mentre quella per i fedeli è grandissima e tutta da esplorare. E’ vietatissimo fare foto – e pure impossibile, dato che è buio pesto. Rinunciateci. Concentratevi piuttosto a respirare gli incensi, ad ascoltare i canti dei pope che tengono delle piccole messe per i pellegrini; osservate il fervore con cui questi baciano le icone e le mummie, incamminatevi per tutte le diramazioni dei cunicoli fino a trovare le celle più remote (profonde fino a 15m). Finirete col sentirvi dei predatori dell’Arca perduta oppure degli eremiti in preda alle visioni mistiche. Ma è una figata in entrambi i casi, comunque!
Per entrare nel Lavra superiore, invece, bisogna andare dal custode in un chioschetto alla Porta Sud e pagargli un piccolo biglietto. Devo dire in realtà che gli edifici sono molto più belli da fuori che da dentro. Molto bello è il Refettorio della Chiesa di Sant’Antonio e San Teodosio (n° 17 nella mappa, qualche foto più sopra): è tutto affrescato e con grandi spazi dove passeggiare in solitudine.
Oltre il Lavra: la II Guerra Mondiale e l’Holodomor
Già che siete in quell’area, non perdetevi il Museo Statale Ucraino della Grande Guerra Patriottica, cioè la II Guerra Mondiale. Che in realtà non è un vero museo, ma una specie di parco con statue e monumenti sovietici impressionanti: le foto parlano da sole. La statua più trash e con due tette immuni alla gravità è ovviamente la Madre Ucraina, circondata dalle targhe delle altre città eroine oltre a Kiev. C’è poi una sfilata di carri armati per cui la gente va matta e si ammazza di selfie. Ma ho visto anche un papà che ha messo madre e figlia in cima a quello pitturato con i colori dell’Ucraina e ha fatto un gran bel book fotografico. Che invidia, eh?
Tornando verso la metro di Arsenalna, invece, trovate qualche altra chiesetta interessante (se non siete finiti in overdose dopo il Lavra) ma soprattutto il Monumento all’Holodomor. Un’immensa torre bianca ospita il museo per la commemorazione delle vittime della carestia pianificata da Stalin che ha ucciso tra i 2.5 e i 7.5 milioni di contadini ucraini, nel 1932-33. Ancora pochi paesi nel mondo riconoscono questa strage come un effettivo genocidio: l’Italia e la maggior parte dell’UE ancora non lo fa, e l’Holodomor (che significa ‘morte per fame’) rimane ancora oggi tra le più grandi stragi dimenticate della storia. Passateci, fateci un pensiero; e poi lasciate un fiore a quella magrissima bambina che sta in piedi in mezzo al giardino, a memoria dei milioni di morti che non sappiamo nemmeno contare.
Ti consiglio un libro sull’Ucraina: L’ultimo amore di Baba Dunja di Alina Bronsky (2016), un libriccino che si divora in un paio di giorni e che parla di un’ex infermiera, ormai bàbushka, che decide spontaneamente di tornare a vivere nella zona di esclusione intorno a Chernobyl. Uno dei libri più teneri che abbia mai letto, per capire il mondo degli anziani nell’ex URSS e per capire le conseguenze dell’incidente nucleare più famoso del mondo da una prospettiva diversa.
A presto,
Eleonora
Prodotti consigliati in questo articolo
L’ultimo amore di Baba Dunja: su Amazon, Libraccio, Feltrinelli e Mondadori Store
Free tour di Kiev con Civitatis (date un’occhiata anche a questi altri tour!)
Questo post può contenere link affiliati o sponsorizzati.
Seguite Pain de Route su Instagram o iscrivetevi alla newsletter.
1 commento