Scivolare fuori dall’Europa. Guida emotiva per 5 paesi inesplorati ai margini d’Europa

Pubblicato il 6 Novembre 2016

Scritto da Eleonora

Ripubblico oggi una mia piccola guida emotiva a cinque paesi ai margini d’Europa, scritta quest’estate per Frida lascia la città: Russia, Georgia, Armenia, Turchia e Romania. Cinque micro-storie, cinque micro-motivi per innamorarsi di questi paesi.

Non è solo che non serve andare lontano per scoprire posti incredibili che siano anche ‘diversi’. E’ che spesso mi chiedo se siamo davvero in grado, non dico di capire, ma anche solo di approcciare paesi e continenti così diversi dal nostro. E non c’è Lonely Planet che tenga – per certi posti devi averci dedicato la tua intera vita. Ecco perché mi piace andare lontano ma per gradi, un passo dopo l’altro, e godermene ciascuno fino in fondo – vedere come sfumano i confini d’Europa, quanto in là si spingono certi caratteri. Vado dove riesco a dare più spessore alle cose, dove le persone che incontro, alla fine, a scuola hanno studiato un po’ le stesse cose mie: parlarci è una delizia, specie davanti a una bella zuppa calda d’inverno o una birra d’estate. Ci intendiamo. Per davvero. Perciò fidatevi, intrepidi viaggiatori, e seguitemi verso Est. Cinque paesi, cinque mondi: ricchissimi, antichissimi, inesplorati e (credetemi) pure estremamente low cost. Dove si può viaggiare di cuore in cuore.

Buon viaggio,
Ele

Russia

San Basilio, Mosca

I lineamenti canini e i pettorali flaccidi e lattiginosi di Putin. Milionari obesi vestiti con collane hawaiane e calzoncini antisesso coi fenicotteri che pretendono di dominare l’area senza sapere una sola parola d’inglese: ammetto anch’io di aver sempre immaginato una Russia di sole carestie per kulaki e disastri nucleari, estrazione mineraria pesante e gelo infame siberiano.

Ma la Russia reale è tutt’altro: gente curiosa e incredibilmente ospitale, che ha voglia di chiacchierare con te, condividere del cibo, farti vedere le bellezze del suo paese senza ricevere nulla in cambio se non i tuoi spasibo, ‘grazie’. Gente che è rimasta rinchiusa in un altro mondo per decenni, e che ora ha una voglia matta di allargarlo, anche solo guardando a fondo nei tuoi occhi mediterranei.

Ho viaggiato da sola per 16 giorni dormendo in treno, partendo dalla sofferta e sognante San Pietroburgo e arrivando fino a Murmansk, oltre il Circolo Polare Artico (69° parallelo Nord), con sosta alle Isole Solovky, dove i monasteri medievali culla dell’ortodossia, con le loro mille cupole a cipolla, sono stati trasformati nel campo di concentramento raccontato in Arcipelago Gulag da Solženicyn.

Tre giorni di treno verso Sud alla volta della grande capitale, Mosca, perdendomi in una metropolitana immensa e sempre invasa da milioni di persone (vi dico solo che entrata si dice вход e uscita выход: immaginate quante volte ho sbattuto la faccia contro le porte tra le risa dei passanti), sognando tra gli affreschi medievali più emozionanti di tutto il mondo ortodosso (Monastero di Novodevichy, le chiese del Cremlino), aspettando il tramonto sulla Moscova e contemplando le stelle della celeberrima Piazza Rossa, con le lucine dell’ex supermercato sovietico GUM e le cupole di marzapane di San Basilio. Ritorno in treno verso San Pietroburgo e infinite camminate lungo i canali, alla ricerca dei palazzi scassati e marci dei romanzi di Dostoevskij, o a saturarsi gli occhi tra i mille incredibili musei (l’Ermitage è solo una delle tante meraviglie! Imperdibili anche il museo Russo e il museo Etnografico, il più grande del mondo), ad aspettare con un’amica l’apertura dei ponti sulla Nevà nel cuore della notte, o a guardare tutto il golfo di Finlandia dal faro di Kronštadt.

Nota bene: la Russia è un mondo a parte che non può essere capito d’un fiato (e forse non può essere capito proprio). Va coltivato e amato con cura, esplorato pian piano. E’ molto più etereo che fisico. E’ musica, nostalgia, romanzi soffiati nel vento tra i salici di fiume. Un consiglio? Perdetevici. Completamente.

Articolo-Bibbia da cui iniziare: Come organizzare un viaggio in Russia

Georgia

Caucaso: dove tutto è affilato come una lama, forte, aspro e poi dolcissimo. Montagne aguzze, vino di melograno, pane grande e caldo, guerre, mine e bombe, polifonie assordanti di gioia, occhi grandi, cuori palpitanti. Ed è subito tuffo al cuore.

19 giorni nel Caucaso in autostop, tenda e CouchSurfing.

Nana e Liza sono sedute sul dondolo e aspettano che l’afa dell’estate di Tbilisi cali un po’. Il cestino delle uova per i viaggiatori è pronto – è tempo di andare. Dal loro terrazzino in collina spicca il ferrocemento della stazione dei treni, la torre della televisione, la grande Madre Georgia e la fortezza in cima alla montagna. Più a sinistra le cupole coniche delle chiese della Vecchia Tbilisi, intagliata nel legno, fatiscente, accarezzata dal verde dei rampicanti e brillante di vetrate antiche.

Matsatso ha organizzato una cena d’addio con tutta la famiglia allargata: tutti volevano conoscere ‘gli italiani’. Erano preoccupati per noi, saremmo andati in Abkhazia, regione separatista in guerra con la Georgia. “Ma io sono tranquilla. Eleonora parla russo” – disse Nana. Grasse risate! Non era vero.

 Il Caucaso georgiano è bussare a una casa di un paesino remoto chiedendo acqua ed essere invitati per colazione. Morire di freddo, acqua, fulmini e tuoni sotto una tendina minuscola, sfondare la porta di una chiesa diroccata e scaldarsi con un accendino – e al mattino risorgere col giallo dei campi e il nero delle donne tra i covoni.

Ricordi dolci come il saperavi, il vino della più antica regione vinicola del mondo che si conosca, e assoluti come il khatchapuri, quel pane grande come un sole e ripieno di formaggio, un pane ‘totale’, che basta a se stesso.

Nota bene: nonostante le guerre con l’Ossezia del Sud e l’Abkhazia nel 2008 e 2012, la Georgia è un paese sicuro e pieno di spirito. I georgiani sono il popolo più ospitale e generoso che abbia mai trovato viaggiando, il loro cibo è delizioso e la loro musica polifonica unica al mondo (ve ne innamorerete: ascoltate qui). Non confondeteli con nessun popolo limitrofo, sono unici e ne vanno fin troppo fieri!

Armenia

DSC_2246

Dove il Caucaso Minore diventa aridi altopiani puntellati di vulcani, a tratti aperti da laghi grandi come mari e battuti da piogge torrenziali e venti impietosi, là comincia la terra degli armeni. Popolo indeuropeo come gli iraniani, non caucasico né turco, gli armeni custodiscono gelosamente la tradizione di stato cristiano più antico del mondo (dal 301 d.C.) e si difendono da secoli come minoranza religiosa dell’area, dopo genocidi e guerre politico-religiose che riemergono a sprazzi ancora oggi.

Per me l’Armenia è stata monasteri millenari in pietra dove poter palpare l’ardore di chi scolpiva leoni nella roccia per glorificare il suo dio, respirando gli incensi e accendendo le sottilissime candeline nei catini pieni di sabbia. Il rosso e il giallo delle montagne del Sud, che poi degradano fino all’Iran, e il verde umido delle valli del Nord, dove l’estrazione mineraria sovietica ha scempiato valli selvagge, risparmiando miracolosamente monasteri affrescati e millenari. I greggi dei pastori, i caravanserragli della via della seta, il sole che annulla le profondità e brucia la terra.

DSC_2284

L’Armenia è dove abbiamo cantato in ogni cupola di roccia che visitavamo, riempiendoci di echi polifonici, e condividendo le nostre voci con chi ci ospitava strada facendo. Se ci volete ascoltare, ci trovate qui

Turchia

Grande e varia è l’Anatolia, per me la tappa più lunga di un viaggio via terra dal Dodecaneso alla Serbia.

Turchia è Efeso, la biblioteca di Celso. Gli affreschi. Il tempio di Adriano, le strade lastricate, il teatro: e perdio! era lì che sorgeva il tempio di Artemide, forse la più mirabolante delle meraviglie del mondo antico!

Turchia è Smirne, l’inafferrabile; grattacieli in riva al mare sfiorati dalle immense navi vegliate dai venditori di pannocchie e pescatori dei quartieri greco, armeno, ebraico. Colline di lamiere colorate, cani sfiancati dal caldo, le luci di un porto naturale che stenti a credere. Smirne è legni intagliati, provenienti da chissà che tradizione d’Asia, smalti incrostati, fasti sbiaditi e abbagliati dal vetrocemento. La città più imprevedibile.

Turchia è Bursa, fidarsi dell’uomo senza gambe che ti indica la buia via per i riti segreti dei dervisci – misticismi scampati alle laicizzazioni scriteriate. Bimbi che imparano a volare, addormentati dai flauti e dai tamburi, levando le mani ad Allah e liberando le vesti bianchissime dalle passioni terrene.

E Turchia è perfino Istanbul, il grande Purgatorio, di genti che passano e vengono, navi e sommergibili che inquinano, ognuno indaffarato ai fatti suoi ma non abbastanza da lasciarti del tutto in pace. La città di Dio e di Allah, le loro case d’oro circondate da baracche strapiene di bambini. E uno cuce un pantalone, l’altro lo stira, l’altro gioca abbandonato in un canale di scolo di un sottopassaggio a Galata. Illustri lapidi, minareti, cortili in pietra bianca, le Grandi Mura! E camminarci sopra, abbagliati di mosaici, mentre la vista si perde sull’agglomerato e su quel piccolo lago di Bosforo, solo un respiro prima dell’Asia…

Nota bene: è facile stereotipare la Turchia. Non è né la terra dell’Islam laico e illuminato, né la terra dove attecchiscono facili i fondamentalismi. La mia Turchia è solo costa mediterranea (per ora), ma c’è davvero molto di più: il grande Sud, la Cappadocia, il Kurdistan, Trebisonda e il Mar Nero, la Grande Armenia del lago Van. E chi abita queste aree remote? Se ve lo dicessi vi rovinerei la sorpresa.

Romania

La primavera non arrivava e la Romania era il mio secondo tentativo, dopo un primo fallito.

Braşov, Sighişoara, Sibiu, Bucharest in 8 giorni.

Nebbie sottili tra le montagne transilvane, finestre incorniciate e fiorite, qualche timido fiore di ciliegio nelle piane più calde di Sibiu – e poi i grandi cementi e riccioli neri di Bucharest, i viali alberati, il Parlamento, il degrado e un theremin che suona piano.

Pochi giorni e un condensato di esperienze fortissime. Bambini abbandonati, con gli occhialini storti e il pigiama azzurro sporco, che girano intorno alla stazione senza sapere dove andare. Grandi chiese gotiche di pietra costruite dai mercanti tedeschi. Una donna sniffa la colla davanti a me, ed era la prima volta che lo vedevo fare. Si sente male e le donne delle pulizie la soccorrono e le accarezzano i capelli, sussurrandole all’orecchio. Le tradizioni della minoranza ungherese in Romania, la loro lingua sottile e infinita, che scivola via come i fumi di tè. Il venerdì di Pasqua cantato dalla comunità tedesca evangelica di Hermannstadt, Sibiu in rumeno, e i fedeli che ti salutano sorridendo un aufwiedersehen. La festa di fine programma di recupero di tre ragazzi ex tossicodipendenti, nelle periferie di Bucharest. Uno, Iosif, mi racconta di quando sniffava vernici e nel delirio ha spaccato una bottiglia e tagliato la schiena di uno che passava. 3 mesi di carcere, poi ha capito che doveva ripulirsi e ce l’ha fatta. Oggi sorride con sessantaquattro denti e va nelle scuole a parlare della sua storia. Un video l’ho visto, c’era lui tipo anoressico seminudo che si muoveva come uno zombie – un’altra persona, giuro. Ha rubato un sacco, ha visto morire quasi tutti i suoi amici di overdose. E io me ne stavo lì, un po’ imbalsamata, ché non sapevo come reagire.

– Tutto chiaro, Iosif. E scusa se faccio domande un po’ stupide. Comunque grazie di avermi raccontato queste cose.

Nota bene: anche qui, la Romania che conosciamo è quella delle bloggers aitanti estasiate dalle casette colorate intorno al castello di Dracula oppure il rap rumeno spaco botilia amazo familia. Andateci piano. Paese molto grande, facce tutte diverse, molte minoranze, non così povero ma con enormi problemi sociali e ancora molto degrado. A tratti, nelle notti buie di bimbe zingare che piangono Constantinee Constantinee…, mi sentivo nella Milano della droga in periferia che mi raccontava mio padre. Comunque paese sicuro, ottimo per l’autostop o passaggi economici con blablacar.

Questo post può contenere link affiliati o sponsorizzati.
Seguite Pain de Route su Instagram o iscrivetevi alla newsletter.

Lascia il primo commento