Diari di viaggio | Marocco #1. Fes e Meknes

Pubblicato il 19 Aprile 2016

Scritto da Eleonora

Primo capitolo da una fuga segreta in Marocco: Fes e Meknes.

2.147km percorsi, due valichi dell’Atlante, sette città principali visitate, autostop nel mezzo di una tempesta di sabbia nel deserto, una tenda in riva all’Oceano, dune di sabbia dorata, gole di roccia rossa, medine labirintiche, fortezze di sabbia, piazze immense, contrattazioni sfrenate pure sui biglietti dell’autobus, casette bianche e blu, giardini lussureggianti e non è finita qui…

Mentre viaggiavo ho scritto tredici piccoli post sugli incontri, le suggestioni, i sapori, le cose viste e fatte che mi hanno segnata di più. Su, lasciatevi un po’ ammaliare dalle dolcezze di questi posti incredibili…

Buona lettura, sognatori!

Nora

Tutte le tappe: Lisbona – Madrid (easyjet), Madrid – Fes (ryanair). Fes, Rabat, Meknes, Goulmima (via Errachidia), Tinejdad, Gole del Todra, Merzouga (deserto dell’Erg Chebbi), Ouarzazate, Marrakech, Essaouira, Marrakech – Madrid (ryanair), Madrid – Lisbona (easyjet).

E se proprio devo scegliere…

  • La città più affascinante: Fes
  • L’atmosfera più emozionante: Essaouira
  • La città più inaspettata e particolare: Rabat
  • La città più viva: Marrakech e Fes
  • Il paesaggio migliore: tutta la zona desertica rocciosa e sabbiosa, da Merzouga a Ouarzazate, e l’Atlante
  • Indimenticabile: il valico dell’Atlante a Tizi N’Tichka in autostop e una notte persi nella medina di Fes.

1. Fes

Luce accecante, nemmeno una nuvola, sole caldissimo che rimbalza sul cemento del marciapiede.
Gli autobus non hanno orari ma prima o poi passano, ti devi fidare, ti spiega un vecchio senza denti: ed aveva ragione. Si materializzano all’orizzonte di asfalto bollente, partono vuoti, poi i ragazzini che escono da scuola si attaccano al retro e battono colpi fortissimi, “suonano” la carcassa metallica all’impazzata, altri si attaccano alle porte aperte e schivano i motorini del traffico della città nuova di Fes, Marocco del Nord. Le ragazzine velate e truccatissime li guardano e ridono, i vecchi in tunica bianca dormono, storditi dal sole…

Dovrò abituare le mie emozioni a una nuova categoria, in cui il tempo, l’ordine, i cartellini coi prezzi e le strade dritte non sono mai arrivati: i paesi arabi 🙂

2. Fes

Labirintiti marocchine

Giriamo un angolo della via principale, che conduce al cuore più profondo e antico della Medina di Fes. Un bimbo corre in un tunnel di scale piccolissimo, mi chiama e lo inseguo giù nel nero. Sbuco, è sparito. Donne avvolte in lunghi drappi colorati escono da porticine minuscole spingendo avanti bambine con capelli neri lunghissimi, barbieri danzano intorno alla schiuma sul viso dei clienti nelle vetrine di piccole botteghe, ragazzini spingono carretti carichi di mandarini dolcissimi.
Il sole cala rapido, qui a sud. Non hai nemmeno tempo di accorgertene. Sbatti le ciglia ed è sparito, lasciandosi dietro una scia di violetto palpabile, materiale, che rimane appeso all’aria tra te e le cose. Con le ombre gli occhi brillano di più dietro le tende nere, dove suonano tamburi gravi e costanti, caldi, le darbuke si aggiungono ai cembali sordi e aromi di spezie invadono le stradine, mentre piccole lucine lanciano ombre sottili lungo i muri color terra. Siamo persi.

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Ragazzi magri si schiacciano lungo questi muri altissimi dove non si vede il cielo, dove il tempo, il nord, il sud non sono più nulla, suoni gutturali ti sfumano i ricordi, e non sai più chi sei… ogni strada curva si avvolge su se stessa, finisce in un portale decorato, in una scala imbiancata dove piange una bambina, in un tetto di assi crollate, nei patii all’ombra di alte palme, in fontane fredde di ceramica che sgocciolano acqua densa di sali. Non ne puoi più uscire: ti ha ammaliato.

Tu, stupido europeo, che cerchi le tue stelle o le ultime luci di un sole che sai morire sempre ad ovest, qui non li troverai. Quante cose che non sai… Grattati la schiena lungo i muri, aspetta che il gelo delle grandi sabbie ti screpoli le ossa, che anche gli ultimi lumini si svuotino ai soffi della notte. Prega il tuo dio di farti uscire da questo limbo nero, chiamalo, se il tuo grido riesce a superare muri così alti…

Perduta è l’anima che spera di misurare il tempo del deserto

3. Fes

Omar esce da scuola, mi punta e praticamente mi pedina finché non gli do retta. Medina sud ovest di Fes, dove grazie al cielo le comitive di francesi non sono ancora arrivate. Solo scuole, qualche botteghina, quei chioschetti inutili che vendono schifezze colorate e la terra beige che ricopre i tetti piatti e le fessure, gli angoli, i vicoli coperti così uniformemente da sembrare quasi surreali, scrostature a parte. Quelle ci sono sempre, ovunque, e insieme a ogni sfumatura di puzzo ti ricordano che sei ancora sulla terra dove tutto nasceinvecchiamuore, continente Africa, Maghreb.

Omar ha solo 10 anni, è un metro e trenta di bimbo hellobonjour, che parla cinque o sei lingue inventate ma conosce quel groviglio di medina come le sue tasche. Sbaglia la mia nazionalità: dice che sembro portoghese. Oppure giapponese. E ci risiamo…
“Hai dejà comito?”
“Si dice già mangiato, Omar. Dejà comito non è nessuna lingua…”
Mentre si offre di portarci indietro alla Porta Blu, dove si apre la Medina, gli chiedo un po’ di lui. A scuola è bravo in matematica e in francese e da grande vuole fare la guida turistica o il medico. “Così cada vez che sei dolente vieni da me e ti curare gratis e stai bene”
“Grazie, Omar, me lo ricorderò. Però studia bene, mi raccomando. Fare il medico è molto meglio che fare la guida turistica”
“Tres bien. E poi travaillo mucho e con mucho diñero compro una casa mucho mucho grande e tu diventi la mi novia e tu non devi travaillare, puoi stare en la casa a riposare todo el… jour. No, come dici jour in italiano?”
“Giorno, si dice giorno”
“Giorno. Le donne non devono travaillare”
“Ma come no!? E se vogliono lavorare non possono?”
“Ma io prendo mucho diñero e non hay necessité di travaillare. Però se tu vuoi io ti lascio”
“Grazie, Omar. Ci penserò. Ma dove comprerai la casa? Ti piace vivere a Fes?”
“No. Mucha jente siempre casino.”
“Chi ti ha insegnato queste parole?!”
“Noi sentiamo dai turisti. C’è tanto turisti italiani a Fes. Fes però c’è tanti problemi per jente che grida per hashish e siempre grida e c’è casino. Capire, droga? C’è tanti problemi”
“Capisco, Omar. Ma tu sei ancora piccolo e devi pensare alla scuola. Hai capito? Ora devo andare. Lo vuoi un pezzo di dolcetto?”
“Dai, va bene”
“Allora ci vediamo, Omar. Mi ha fatto piacere chiacchierare con te, sei un bravo bambino.”
“Grazie. E poi passa al restaurante de la mia madre, super super barato e muy bueno!”
“Certo, ci passerò.”
“Ehi! Bugiarda…”

6. Meknes

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Torniamo indietro nell’entroterra per riavvicinarci alla strada di montagna che valica l’Atlante sopra i 2000m e arriva nel deserto roccioso, un altopiano sterminato intorno ai 1000m di altitudine. La tappa questa volta è la città imperiale di Meknes, decisamente più tranquilla, ordinata e molto meno turistica di Fes.

Il tramonto arrossa i bastioni colossali e le mura color terra, decine di porte, mausolei piastrellati e fontane decorate..

La medina è più moderna e piccola di quella di Fes, ma le sorprese sono ugualmente seducenti. Cunicoli, porte scolpite con motivi geometrici o floreali, patii dove donne danzano e suonano tamburi e flauti, una piazza sterminata affollata di incantatori, venditori di succo di bambù, mandarini, ciabattine, dolci: l’ora del tramonto è una festa immensa.

Appena fuori dalla Medina, nell’ex  quartiere ebraico, troviamo una processione di ragazzi in abiti tradizionali che suonano tamburi all’impazzata, mentre tutto il quartiere si affaccia alle finestre e le donne agghindatissime portano doni, cibo e delle strane portantine bianche brillantinate. Bussano alla porta della sposa, che scoppia in lacrime di gioia e inizia ad abbracciare tutti uno per uno accogliendoli in casa…

Il seguito di questo viaggio lo trovate qui: Diario di viaggio #2

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