Quarto e ultimo capitolo dai diari di viaggio della fuga in Marocco: Marrakesh ed Essaouira
[2.147km percorsi, due valichi dell’Atlante, sette città principali visitate, autostop nel mezzo di una tempesta di sabbia nel deserto, una tenda in riva all’Oceano, dune di sabbia dorata, gole di roccia rossa, medine labirintiche, fortezze di sabbia, piazze immense, contrattazioni sfrenate pure sui biglietti dell’autobus, casette bianche e blu, giardini lussureggianti e non è finita qui…]
12 | Marrakesh
Jemaa-el-Fnaa, un nome-sipario. Senza forma, senza ingresso o uscita, senza mai capire cosa succede: solo gente, folle, matti, ciechi, venditori di tutto, incantatori di serpenti, attori, musicisti, djembe e darbuke, fumo che sale in colonne, dolci, bambini che corrono ovunque, moto, asini, madri che cercano i figli, vecchi sdentati, barettini scassati, ingorghi di folla.
Scrivere di Marrakesh è scrivere di un mondo dove il caos, la bellezza e il male vivono avvinghiati, soffocandosi a vicenda in una lotta continua. Marrakesh è il Marocco tradizionale che ha sposato la febbre del denaro: una medina sterminata e un po’ snaturata, un unico mercato-labirinto dove il commercio ha perso i freni e insieme alle meraviglie dell’artigianato locale spunta anche il made in China. Marrakesh è insieme il Marocco più vero e più finto, dove concludere affari, avvicinare gli strambi tipi umani di questo gorgo di follia, lasciarsi rapire dalle musiche e dai fumi; e poi chiudersi nelle madrase ad ascoltare il suono sordo del silenzio, scappando dai carretti e dai motorini, dagli asini, dalle auto, dalle biciclette e dai bambini che corrono con un frutto in mano.
Alcuni dicono che o la si ama o la si odia. Io invece la capisco.
Chi nasce a Milano sa capire queste città perdute, che si ritrovano e tradiscono ogni giorno, che hanno un po’ dimenticato il loro passato, un po’ si sono svendute, un po’ tirano fuori una grinta inaspettata.
Marrakesh è un fiume in piena – armatevi di pazienza e troverete quel che cercate anche in periodo di inondazioni. Non pretendete, non esigete, datele tempo: è disorientata e non sa più cosa vuole, ma, se aspettate, rivelerà la bellezza che ha in serbo per voi.
13 | Essaouira
Ultima tappa: l’oceano grande, di nuovo.
“Suira suira suira suiraaaa…”
Scendiamo dall’autobus: gabbiani, cielo puntellato da qualche nuvola, aria profumatissima.
Svoltiamo l’angolo in direzione Medina: una casa bianco gesso con infissi e persiane blu profondo: ma questa è l’Europa…
Un po’ mi commuovo, ma non spreco lacrime per gioie così grandi. Non si può dire cosa sia l’Europa; ma quelle persiane blu, quei muri imbiancati, le strade piccole ma regolari, le torrette portoghesi alle mura difensive, le piastrelle sopra ai portoni di legno, il profumo della limoncina fresca venduta sui carretti e delle olive impilate a cono, i vecchi che prendono un tè all’ombra dei pergolati – questa è l’Italia, la Grecia, la Spagna, il Portogallo. La Dalmazia. La Francia del Sud. Il Mediterraneo in trasferta sull’oceano.
All’ingresso della Medina c’è un grande cimitero cristiano, tranquillissimo. Fa un po’ impressione vedere le croci di pietra bianca e dei nomi in un alfabeto che sai leggere. Ma, in fondo, qual è la differenza?
Il sole verticale scava ombre profonde tra le viuzze. Torri bianche, portali, archi, donne con vesti con mille pieghe, lunghe e bianche, uomini che intrecciano cappellini. Le stradine nascoste portano al torrione e alla grande balconata dove sfilano i cannoni. L’oceano batte fortissimo sulle scogliere, nere e affilate, il vento è d’oro. L’unico suono che sovrasta le onde è il grido dei gabbiani..
Cala la notte più lenta che altrove. D’altronde qui non ci sono orizzonti rigidi… una luna immensa sorge e il scivola sulle Americhe, lasciando un rosa palpabile che si specchia sulle scie della marea.
Seguiamo la lunga spiaggia di sabbia fine, che vola via bassa bassa, in piccoli fiumiciattoli, fino alle grandi dune. È il posto perfetto per una tenda: le tempeste di sabbia sono fermate da rami secchi che ricoprono le dune. Un piccolo fuoco in una fossa, vegliando l’approfondirsi del buio, mentre le luci allineate della città si appiccicano al fondale.
Orione non ci ha mai abbandonati in questo viaggio: le tre stelle della cintura così luminose, il corpo grande, la spada. Conforta che il cielo sia, in fondo, lo stesso.
Ci svegliamo con la bassa marea. Il sole è caldo, il vento freddo, ma un tuffo in questo mare sterminato non me lo toglie nessuno… il 24 novembre (:
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