San Pietroburgo, un enigma. Perché non è facile apprezzarla

Pubblicato il 2 Gennaio 2016

Scritto da Eleonora

Fiume Mojka

Lo ammetterò, non so ancora se San Pietroburgo mi è piaciuta.

Forse è un rigetto per le interminabili sviolinate che si sentono di solito, dalla “Venezia del nord” alle varie romanticherie sui canali, i palazzi, la perla europea sul Baltico, l’Ermitage e compagnia bella.

C’è anche questo, è vero. Ed è la parte noiosa che senti gracchiare dai battelli sulla Griboédova che sparano gasolio a tonnellate nel fiume.

Pietroburgo è davvero un enigma, una città indecifrabile, a cui credo non basterà una vita d’uomo per rivelarsi nel suo vero essere. Ha tante anime quanti sono i suoi palazzi, i suoi ponti sopra i canali. Pietrogrado, Pietroburgo, Leningrado, San Pietroburgo, Piter… come chiamarla?
E non è facile apprezzarla davvero, sviscerandola, capendola fino in fondo.

Ma andiamo con calma.

Pietroburgo ieri. Una città disgraziata

Teatro di San Pietroburgo

E’ difficile individuare dei quartieri con una loro identità, dato che la città nasce in un solo stile architettonico come grande capriccio di uno zar, Pietro il Grande – che decide, sul nascere del millesettecento, che sul delta paludoso, insalubre e soggetto a piene devastanti dell’immensa Nevà costruirà una nuova capitale, faro di cultura europea affacciato sul Baltico e ispirato ad Amsterdam, all’Italia e alla Francia. Un genio dell’urbanistica, insomma, e un nobel all’originalità.

Piccolo dettaglio: tutta la nobiltà e gli uffici hanno dovuto traslocare da Mosca a qui (come si dice “sbatti” in russo?). Occasione per rifare tutto nuovo e più sfarzoso, all’italiana (ha costruito tutto un tale Carlo Rossi, stella del ‘700 russo, mr. Nessuno in Italia).

Secondo piccolo dettaglio: vista la posizione, chiedete a un qualunque abitante del centro quanto sono maledettamente umidi i palazzi con le fondamenta di legno e piombo, quanto freddo fa d’inverno, che clima infernale c’è tutto l’anno e quanto grosse sono le zanzare d’estate! Oppure chiedete agli ingegneri sovietici quanto hanno dovuto scavare in profondità perché non ci fosse più acqua, mentre costruivano la metro: a volte addirittura 126m…!

Terzo piccolo dettaglio: oltre le paludi malsane c’era l’impenetrabile taigà. Dovendo deforestarla per tracciare la prospettiva Nevsky, che collegava le isole principali con il monastero Aleksandr Nevsky, da nord partirono i soldati dello zar e da sud i monaci del monastero. Che iniziarono a deforestare in due direzioni diverse e per ricongiungere le due strade si dovette fare una mega piazza deforme. Da qui la planimetria a caso della città. Ah, i russi.

Pessima motivazione esistenziale già in partenza. Grazie al cielo Lenin aveva capito quanto demoniaco fosse questo luogo, e spostò la capitale a Mosca.

Piter oggi. Una città impossibile

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San Pietroburgo, un palazzo

Oggi, da un punto di vista logistico, Piter è una città impossibile, caotica, fuori misura.
Metro profonda così tanto che non vedete la fine delle scale mobili (giuro). Fermate distanti anni luce l’una dall’altra, scarsa copertura, linee affiancate e non in scambio. Dire “ma è solo una fermata, me la faccio a piedi”, significa che dovete camminare almeno 30 minuti a passo russo. E se rallentate perché siete stanchi, i russi vi calpestano. L’alternativa è spendere 30 minuti in metro – 10 per scendere, 1 di attesa, 2 di viaggio, 10 per salire, 7 per capire in quale minchia di uscita siete finiti.

Il traffico è semplicemente infernale e una quantità così esorbitante di macchine vi farà respirare le peggio polveri sottili della vostra vita. Dopo due settimane avevo il naso che bruciava per l’inquinamento e non riuscivo quasi più a camminare in strada senza essere ossessionata dalla puzza di smog.

Eppure, ogni giorno migliaia di turisti si accalcano lungo le strade per vedere almeno una volta nella vita questa città così improbabile – una Venezia sovrappeso.

In succo: non andate a SPB sperando che piovano rose dal cielo. Se sperate di poter rivivere Le Notti Bianche o qualche altro romanzo russo girando per le sue vie… beh, in bocca al lupo. Piuttosto, portatevi delle brutte ma comode scarpe da ginnastica: preparatevi ai magna itineres russi – strade a 12 corsie, infiniti sottopassaggi e zero attraversamenti pedonali, piazze sterminate etc etc.

In ogni caso, bisogna sudarsela. Non vi sarà servito niente su piatti d’argento. Preparatevi a perdervi, a disorientarvi, ad arrabbiarvi, a sopportare il mal di piedi e a respirare schifo, fare code interminabili per entrare all’Ermitage e ad accalcarvi in mezzo al mondo sulla Prospettiva Nevsky. Ma per tentare di avvicinarla e accarezzarla, almeno per una sera, questa Pietroburgo, questo ed altro.

Una città che soffre

Non è la città degli innamorati, non è poetica, non è bella. Lo è stata, forse.

Dovete ascoltare le storie che ha da raccontare, cercare negli angoli più remoti, capire le sue ferite, la sua storia. Gli stucchi vengono rattoppati con cemento verniciato; l’assenza di parchi e alberi stanca gli occhi, abbagliati dalla luce bianca e fastidiosa dell’estate al 64esimo parallelo, i cortili interni sono scrostati dall’umidità e puzzolenti di spazzatura, dietro le facciate della Sadovaya spuntano immensi bazaar del ghetto degli immigrati, che non si mescolano ai russi sui marciapiedi dei grandi viali; le babushki ti offrono un fiore o un po’ di patate del loro orto in cambio di monetine che da un giorno all’altro non valgono più nulla, le immense periferie di casermoni-dormitorio si espandono in tutte le direzioni. Questa è la vera San Pietroburgo – una città che soffre.

Moschea di San Pietroburgo

La sofferenza parte dal malessere dell’acqua di un fiume russo, che di italiano o olandese non ha proprio nulla – è un’acqua che devasta e sommerge di fango, uccide, affoga, congela.
Continua con la lenta ed inesorabile decadenza e corruzione della nobiltà, spazzata via dal vento della rivoluzione d’ottobre, che ha tolto alla città pure il titolo di capitale. E ancora gli 872 giorni di assedio di Leningrado, la gente che muore di fame, le bombe, i disperati che scappano sul lago Ladoga ghiacciato. Più di un milione e mezzo di vittime nella prima город-герой, la città eroina. Shostakovich che compone una sinfonia di tragica e struggente bellezza su un assedio che alcuni storici definiscono addirittura un genocidio. E poi altri quarantacinque anni di comunismo e sviluppo urbano fino ad oggi, dove si ricostruiscono chiese, rattoppano palazzi e pubblicizzano musei. Quante cose ha visto questa città disgraziata, battuta dalle piogge del nord, dai venti del mare, dall’umido del fiume, dal gelo dell’inverno russo…

Zucchero no, ma fascino sì

Ma quindi non c’è niente di bello, a San Pietroburgo?
Eh, un attimo: se tendete bene l’orecchio, vi ammalierà.

Camminate ai piedi della fortezza di Pietro e Paolo al tramonto, proprio in riva alla Nevà, quando il sole infiamma di riverberi i palazzi nobili dal Giardino d’Estate fino all’Ermitage. La Nevà sembra un mare che d’estate s’acquieta, ma che non smette di fare paura. Attraversate i ponti immensi, soffocati dai rumori del traffico, con i loro lampioni d’inizio secolo, le sculture, i ghirigori floreali e oscillate tra il mare infinito di gru del porto sul Baltico e le cupole colorate della cattedrale del Salvatore sul Sangue Versato.

Perdetevi nell’arte dei suoi mille musei (Museo Russo, uno splendore! Museo etnografico, il più grande al mondo!) e uscite dall’Ermitage a sera, quando la sterminata e splendida piazza dell’Ammiragliato è solo per voi, solenne, maestosa ma che, deserta, lascia trapelare un velo d’umanità… Seguite lo snodarsi dei canali e i loro palazzi monumentali fino alla chiesa di San Nicola del Mare, per ascoltare le polifonie barocche in slavone antico. Scoprite giardini segreti lungo la Sadovaya, zone tranquillle sull’isola di Vasileovstrovsk, e la magia dell’ultimo avamposto russo prima del mare aperto, Kronstadt – isola di marinai combattivi, base militare, e oggi nuova zona residenziale.

E, soprattutto, aspettate l’apertura dei ponti nel cuore della notte insieme allo scorrere della Nevà e ai pietroburghesi nottambuli, portandovi una sciarpa e un bel giacchino anche se è agosto… è uno spettacolo che non dimenticherete.

Forse, così, potrete ascoltare la voce della città.

Prendetela così com’è, non si può capire in un colpo solo. Dovete solo assommare i mille contrasti che vi si presenteranno sotto gli occhi – le alghe e il cemento, le gru, l’oro, l’arte, la povertà, l’umido, il vento, le polveri, lo scorrere della storia…

Al momento hai vinto tu, Piter.
Alla prossima vedremo…

E la seconda volta la città mi è piaciuta alla grande! 😉

A presto,
Ele

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2 commenti

  • Ciao Eleonora, innanzitutto complimenti per il tuo blog! 😀 Mi sono imbattuta così per caso e trovo affascinante vedere come sei riuscita a vedere con occhi differenti questa grande cultura (e non con i soli occhi critici e stereotipati di molte persone -.-)!!
    Mi dispiace che non tu abbia trovato un “giusto” feeling nei confronti di questa città, io invece ci ho veramente lasciato il cuore! Ho avuto la fortuna di trascorrerci 3 mesi studiando lì captando l’atmosfera che questa città trasmette 🙂 forse perché abitavo in un quartiere con un stile veramente russo e quindi ogni giorno avevo a che fare con la sua vera anima , poi sono andata nel periodo invernale e non ero circondata da folle di turisti.
    E si sono d’accordo su certi aspetti che hai detto, perché secondo me questa città viene molto stereotipata (sì come la Venezia del Nord, oppure la città che affaccia sull’Europa ecc), ma penso che guardandola con un occhio diverso si riesce a capire la sua vera natura (che a mio avviso si nota solo soggiornandoci per un lungo periodo). Spero che quando ci tornerai riuscirai a scovare il suo significato più profondo! 😀
    p.s. ho visto che ora sei a Mosca! (ci sono potuta andare ma solo per 3 giorni..sigh:(), sei lì per studio, che uni frequenti?
    Un bocca al lupo e salutami la grande Russia! ;))
    Chiara

    • A

      Ciao Chiara, che piacere leggere il tuo commento! Certo, Piter avrà senz’altro una seconda chance 🙂 sto già progettando una capatina invernale, vorrei vederla in una stagione diversa e fare cose che non ho avuto tempo di fare. Probabilmente ero molto stanca e mi sono troppo concentrata sui musei più che sulla città in sè. Assurdo (e bellissimo) che sia anche così grande e varia geograficamente. Mi ricordo ora che la mia amica Lena mi aveva portato in macchina fino a Kronshtadt a vedere il tramonto su tutto il golfo di Finlandia! E i ponti che si aprono! Il giardino d’Estate! Avevo anche scoperto una specie di mercato turco nascosto dietro la Sadovaya, non so se tu hai mai visto qualcosa di simile! Verissimo che città così grandi si apprezzano davvero solo dopo tanto tempo, quando hai tempo di camminare per tutte le loro vie, anche quelle più nascoste…
      Ti dirò come rivedrò il mio pensiero 🙂 in generale comunque era solo che mi mancava la scintilla che era scoppiata invece con Mosca. La cercherò! Qui studio alla Vyshka 🙂 Vienimi a trovare!
      Grazie e a presto!
      Un abbraccio,
      Ele

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