Del viaggio in Myanmar che ho portato a novembre 2019 i momenti più belli sono stati quelli vissuti durante il trekking da Kalaw al lago Inle. Un sentiero abbastanza popolare e per nulla impegnativo, ma che finalmente ti toglie un po’ quella sensazione di essere ben ancorato ai binari turistici di un paese ancora molto chiuso, che vuole tu vada solo in certe zone e non in altre.
Il trekking per il lago Inle è un percorso ben collaudato, ma è un’esperienza che per quanto organizzata è comunque molto autentica e spontanea. Anche solo il fatto di dormire come dormono i popoli dell’altopiano, cioè per terra sotto uno strato infinito di coperte di pile, lavandosi all’aperto con una vasca di acqua insaponata, è un qualcosa che ti dà molto più di una fotografia perfetta ai famosi pescatori acrobati del lago Inle.
Organizzarsi il trekking da soli è molto facile, nel senso che a Kalaw è pieno di agenzie che, per prezzi diversi, propongono un’escursione di 2 o 3 giorni che include anche il trasferimento del tuo bagaglio direttamente a Nyaung Shwe. Senza bisogno di prenotare con troppo anticipo, ci si mette d’accordo e il giorno dopo si parte.
Scrivo questo post perché ho comunque trovato pochi dati tecnici e info più specifiche sulla difficoltà del trekking e l’attrezzatura precisa da portare, cosa che preoccupava molto i ragazzi che sono partiti nel gruppo con me.
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Trekking da Kalaw al lago Inle: dati tecnici
Innanzitutto, tra le varie agenzie di Kalaw che vi proporranno il trekking, dovrete decidere se fare il trekking da 2 giorni o quello da 3 giorni. Va per la maggiore quello da 2 giorni, sia perché leggermente più economico, sia perché richiede solo una notte fuori e non due – si dorme in condizioni molto spartane e due notti per alcuni possono pesare. I percorsi sono tutti molto simili, all’80% su strade sterrate di campagna. Quello che cambia (a seconda dell’agenzia) è la sistemazione in cui si dorme la notte: una casa locale, una scuola oppure un monastero. Noi abbiamo dormito in un monastero ed è stata un’esperienza incredibile.
Difficoltà: bassa.
Non servono allenamento o condizioni fisiche particolari, se non resistenza a camminare fino a 17-20km al giorno, praticamente sempre in pianura e su mulattiere in terra battuta.
Lunghezza: fino a 17-18km al giorno.
Il primo giorno per noi è stato più facile, sia perché eravamo più freschi ed entusiasti, sia perché i 17km di camminata sotto il sole erano spalmati lungo tutta la giornata con una lunga pausa pranzo presso una famiglia locale e altre pause lungo il percorso. Il secondo giorno, invece, abbiamo percorso la stessa distanza ma in una mezza giornata abbondante, arrivando a In Dein per ora di pranzo e partendo poco dopo l’alba.
Tenete conto che partivo abbastanza allenata ma con il mignolo del piede destro appena rotto (in maniera stupidissima tirando un calcio per sbaglio a una panca dell’aeroporto di Yangon, lo so, lo so): ho fatto tutto il trekking nel dolore e con qualche vescica, ma non è stato assolutamente impegnativo e lo rifarei comunque anche nelle stesse condizioni.
Trekking lago Inle: cosa portare con sé
Anche se può sembrare di essere letteralmente in mezzo al nulla, in realtà si passa costantemente attraverso piccoli villaggi. Meglio avere già l’essenziale con sé, ma in caso di emergenza ci sarà qualcuno ad aiutarvi nelle vicinanze, sarete sempre raggiungibili per emergenze gravi e non serve partire con una farmacia intera.
Tenete anche conto anche che il vostro zaino viene spedito direttamente al vostro ostello/hotel di Nyaung Shwe, quindi portatevi solo il minimo in uno zainetto, di modo da ridurre i pesi. Io sono riuscita a far stare tutto nello zainetto da 10l di Decathlon: quello da 3€, sì!
Le cose più importanti da non dimenticare per il trekking da Kalaw al lago Inle sono:
- Cappellino
- Crema solare 30+
- Un cambio vestiti per il giorno dopo
- Sacco lenzuolo (il mio è questo della Ferrino, consigliatissimo)
- Medicine essenziali (garze, cerotti, paracetamolo, antidolorifici, compeed, crema antistaminica per punture da insetti)
- Una saponetta
- Occhiali da sole
- Vestiti pesanti per la notte, tipo pile, cappello caldo e sciarpa
Altre cose meno essenziali ma comunque utili:
- Filtro per l’acqua e borraccia, per evitare di continuare a comprare bottiglie di plastica e avere la garanzia di poter sempre bere l’acqua locale. Lo consiglio sempre e per me è un must nei trekking dovunque nel mondo
- Snack energetici, tipo cioccolato o barrette
- Un mini treppiedi per fotografare la spettacolare stellata che troverete di notte 🙂
- Antizanzare, anche se nella stagione secca praticamente non ce ne sono
- Racchette da trekking, più scomode da tenere in valigia ma che fanno un gran bene (una volta che inizierete ad usarle non ne farete più a meno)
Per info più generali, in questo post spiego come faccio il mio zaino da viaggio con trekking
Cosa c’è di interessante nel trekking da Kalaw al lago Inle
Il motivo per cui il trekking per il lago Inle è diventato molto popolare è che è una delle poche occasioni in Birmania di vivere a piedi e con grande lentezza la diversità etnica di questo paese. Kalaw infatti si trova già nello stato Shan, entità autonoma dove un numero impressionante di popoli diversi vive fianco a fianco sui verdissimi e freschi altopiani (quasi più alpini che non tropicali a tratti), coltivando diverse varietà di riso, peperoncino, senape e non solo. Vita rurale al massimo, accessibile agli stranieri, autentica e ben organizzata da un punto di vista turistico.
L’altro punto di forza è che si va con guide del posto che parlano le lingue e i dialetti locali e che sanno anche l’inglese. Spesso sono ragazzi giovanissimi (la nostra, Kalea, aveva appena vent’anni) a cui bisogna un po’ tirar fuori le informazioni con le pinze, ma se siete curiosi avrete una grande opportunità di fare tante domande e imparare un sacco di cose sulla flora, la fauna e le usanze dei popoli che incontrerete nel trekking.
Nel trekking da Kalaw al lago Inle si passano villaggi di diverse etnie. Nell’ultimo tratto, però, troverete soprattutto i Pa-O, riconoscibili dai turbanti coloratissimi e dalla tunica nera delle donne, oltre che dalle verdure che coltivano (soprattutto il peperoncino).
La loro storia di identità etnica è assurdo: il nome pare sia onomatopeico e legato alla leggenda di due uova di drago, di cui uno, nero, si sarebbe rotto facendo il suono “pa-o”. In ogni caso sono indistinguibili dai popoli confinanti a livello di fisionomia, ma le lingue che parlano spesso sono completamente diverse.
Anche da un punto di vista della flora farete anche un sacco di scoperte sensazionali. Innanzitutto il bambù gigante, che è veramente gigante (!), con cui gli abitanti della zona fabbricano praticamente ogni cosa: dalle abitazioni più semplici, fatte di bambù intrecciato, ai cappelli che non resisterete a comprare, leggerissimi, fatti di foglie di bambù seccate e perfetti per ripararvi dal sole impietoso.
Poi i leggendari alberi di banyan, sotto cui i birmani credono che Buddha abbia ricevuto l’illuminazione: sono alberi sacri, pluricentenari, enormi e con radici aeree che diventano quasi dei secondi tronchi. Ne incontrerete molti, uno più bello dell’altro. Ci sono varie credenze popolari legate a questi alberi: se vedrete delle canne di bambù a sostenere i rami, sono delle offerte votive che gli abitanti di quella zona fanno all’albero, inserendo dentro il bambù una piccola banconota.
Avete mai visto un albero di mango? E uno di papaya? Ne troverete moltissimi: i manghi diventano enormi, mentre la papaya è onnipresente e sembra una piccola palma magrolina. Altra scoperta sensazionale è stata la lady shy: una pianta imparentata con la nostra mimosa (si chiama infatti mimosa pudica) che, al tatto, chiude le foglie per proteggersi. Sembra impossibile ma è tutto vero (andate a vedere le mie storie in evidenza su Instagram se non ci credete)!
Il primo giorno di trekking, nella zona più vicina a Kalaw, si attraversano tanti villaggi pieni di campi coltivati a peperoncini, senape, mais, zucche e la guida non mancherà di farvi provare piante che i locali usano per infusi o per fare degli shampoo naturali. I paesaggi sono molto rilassanti ma non sensazionali: siamo in aperta campagna e non in un parco nazionale. Il nodo centrale del trekking non sono i paesaggi, ma il contatto ravvicinato con orde di bambini e contadini che vi guarderanno un po’ come degli alieni mentre passate tutti vestiti Decathlon in mezzo ai loro campi di peperoncino. A tre quarti del percorso, il primo giorno, si arriva in una zona terrazzata coltivata a risaie e circondata da splendide montagne ondulate. La salita per arrivare in cima è ripida, ma il panorama dalla cima è veramente splendido, il migliore di tutto il trekking e quello più vicino al nostro immaginario di “Asia”.
La notte in uno splendido monastero è stata poi la ciliegina sulla torta dei nostri 2 giorni di trekking per il lago Inle. Spesso i monasteri funzionano anche come scuole e il nostro era pieno di bambini in toga buddista, tutti rasati, con cui abbiamo giocato a calcio nel cortile davanti alla struttura. Tutti gli edifici del complesso, interamente in legno, avevano un’atmosfera unica. Vivere ai ritmi dei monaci – pasti comuni, preghiere, a nanna con il buio e sveglia all’alba, in una nebbia pesantissima che avvolge sempre gli altopiani al mattino – è un qualcosa che veramente ti trasporta in un’altra dimensione. Anche se sarete distrutti, fate lo sforzo di fare due passi nel buio più totale, allontanandovi dall’unica luce del monastero, per ammirare una delle stellate più sconfinate e profonde della vostra intera vita.
Altra esperienza unica è dormire separati da una sottile parete di legno dai suoni e dagli animali della ricca foresta birmana. Vi riscoprirete paurosissimi, ma che emozioni incredibili!
Il secondo giorno del trekking da Kalaw al lago Inle invece i paesaggi sono più monotoni e si attraversano meno villaggi: avvicinandosi e scendendo verso il lago la vegetazione cambia e spunta anche qualche albero di teak, dal legno pregiatissimo e durissimo. Attenzione perché il secondo giorno c’è pochissima ombra e meno possibilità di rifornirsi d’acqua.
Ultimi consigli
Il sole spacca le pietre anche se non fa caldo: crema solare fondamentale anche sulle parti leggermente scoperte (io mi sono ustionata una strisciolina di scollatura della maglietta e le braccia appena oltre le maniche della t-shirt!) e un buon cappello che faccia ombra sul collo. I loro cappelli di bambù sono comodissimi, leggeri e semplicemente perfetti, li comprate al mercato di Kalaw per 1000 kyat (€0.60).
Il sacco lenzuolo, se ci tenete a un minimo di igiene, pesa pochissimo e vi farà dormire senza la sensazione di schifo di stare dormendo in un letto in cui hanno dormito centinaia di persone prima di voi dall’ultimo lavaggio. Non ci sono lenzuola ma solo coperte.
Tecnicamente è un trekking senza difficoltà e si potrebbe fare anche in ciabatte, ma la babushka russa che è in me vi dice di portare scarpe comode, possibilmente alte, di modo da proteggere bene piedi, caviglia ed evitarvi storte o appoggi sbagliati. E già che ci sono, portatevi anche una bella sciarpa e vestiti caldi per la sera: non sembra, ma siete in quota, e appena cala il sole la temperatura precipita!
A prestissimo!
Vi aspetto sulle storie di Instagram con tanti aggiornamenti.
Ele
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2 commenti
Elena
Interessantissimo!!! Aspetto con ansia il prossimo post! Grande Eleonora
Eleonora
Grazie Elena ♥